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Felice Bertola (a destra) con l’avversario di sempre Massimo Berruti
Trent’anni fa gli eterni rivali della pallapugno giocarono con le maglie della squadra cittadina.
Completavano la formazione i terzini Cirillo e Sugliano.
L’ingaggio non placò la contrapposizione tra i due campioni amici-nemici.
Insieme su quel campo hanno portato il maggior numero di scudetti mai conquistati. La storia della pallapugno dell'epoca moderna. Nessuno ha vinto quanto loro. Nessuno, malgrado alcune sfide ad alta tensione degli ultimi campionati (come tra Massimo Vacchetto e Bruno Campagno), ha dato vita a tifoserie tanto contrapposte e accanite. Come quelle di Inter e Milan, Lazio e Roma, Juve e Toro. Pur apprezzando entrambi dal punto di vista sportivo, chi amava uno non poteva applaudire l'altro. Massimo Berruti e Felice Bertola. Che negli Anni ‘70 e ‘80 hanno segnato un'epoca come fece, negli Anni ‘50, l'antagonismo di Manzo e Balestra, che risvegliò il mondo del balon dopo la guerra. In una sola stagione Berruti e Bertola, nemici-amici di sempre, hanno giocato dalla stessa parte: è accaduto nel 1990-91 a Ceva, con le maglie bianche della Astor G Deterplast.
Sono passati trent'anni e lo sferisterio non è più dov'era allora, con l'ingresso sotto l'arco dell'antica torre. L'alluvione del novembre '94 l'ha devastato con la piena del Tanaro, che ha portato via anche le foto di quella mitica stagione. Poi la trasformazione dell'ex caserma degli alpini in centro di formazione della Forestale ha richiesto più spazi. Così il Comune ha realizzato un impianto nell'area sportiva in località Nosalini: il nuovo «Vincenzo Ferro». Nel frattempo, però, la quadretta cebana non ha più calcato la scena della serie A e la tifoseria si è allontanata.
Ma dove c'era il vecchio campo, gli appassionati possono ancora respirare l'aria di quel campionato irripetibile. Anche se concluso all'ultimo posto. Perché Massimo e Felice – 6 scudetti il primo, 12 il secondo -, pur se al capolinea della carriera, hanno rappresentato il sogno di chi aveva visto l'allora «pallone elastico» passare dalle piazze di paese alla dignità di veri impianti sportivi. Di quanti si divertivano con le scommesse. Di chi parteggiava per la potenza dell'uno o lo stile dell'altro.
Berruti e Bertola approdano in una Ceva dove lo sferisterio si riempie di migliaia di tifosi grazie al beniamino locale, Arrigo Rosso. Detto Rosso II, per distinguerlo da Rodolfo Rosso (Rosso I). Il giovane leone è potente e fantasioso, i suoi colpi vengono sottolineati dai boati del pubblico. Ma in qualche modo è anche fragile. Qualche infortunio e un delicato intervento alla schiena, nel 1989, lo costringono a una sosta. «Mi sono dovuto fermare per sperare di giocare ancora – racconta Arrigo, oggi dipendente comunale -. Così la società, per mantenere vivo l'interesse, ha pensato di offrire uno spettacolo unico. Realizzando l'impossibile fra gli avversari di sempre».
Bruno Muratore ha scritto un pezzo di storia della pallapugno a Ceva e ricorda: «Il presidente Gianni Taramasso, diventato sindaco, aveva lasciato il timone a Sergio Iseppi. Ho proposto l'idea di ingaggiare i due campioni, emblemi dello sport, per premiare i tifosi della forzata assenza di Arrigo».
L'operazione va in porto, completando la squadra con i terzini Cirillo e Sugliano. Muratore: «Nonostante il loro antagonismo, Felice e Massimo hanno accettato. Le prime due partite insieme sono andate bene e lo sferisterio ha fatto il pienone. Ma è durata poco. Berruti, anche se si era fatto male, voleva continuare a fare il battitore, senza farsi sostituire da Bertola, che era la spalla. Ed erano discussioni continue, dentro e fuori del campo. Però abbiamo realizzato un sogno»