1959: Mara e la “Carpani” Goito campioni nazionali di tamburello. La relazione

Mantova, Sala Coni, 10 dicembre 2019

1959: MARA E LA “CARPANI” GOITO CAMPIONI NAZIONALI DI TAMBURELLO

1959, sessanta anni fa, un anno che cominciò con la vittoria della Rivoluzione cubana e l’ingresso trionfale di Fidel Castro a L’Avana. Era l’anno delle grandi rivalità tra USA e URSS, della guerra fredda che si spostava sulla gara a chi arrivava per primo sulla Luna. Quell’anno l’Unione Sovietica lanciava verso il nostro satellite prima il Luna 1, poi il Luna 2 che si schiantava nel Mar della Serenità, poi il Luna 3 che riusciva a fotografare la faccia nascosta della luna, “The dark side of the Moon” come intitoleranno più tardi un loro famoso album i Pink Floyd.

Mentre il mondo subiva gli effetti della guerra fredda, che sembrava sempre sull’orlo di diventare molto calda e distruttiva, qualcuno disegnava il simbolo della pace che vediamo anche oggi nei cortei pacifisti. Il 13 febbraio veniva venduta la prima bambola Barbie, in agosto la Volvo installava sulle sue vetture la prima cintura di sicurezza, in aprile era stato scoperto il primo caso di Aids, ma nessuno ne aveva capito la pericolosità.

In Italia il 1959 fu l’anno del boom, del miracolo economico: dopo la fase della ricostruzione post bellica gli italiani cominciavano ad assaporare un po’ di benessere, all’industria faceva comodo diffondere il consumismo, la pubblicità invitava operai, lavoratori e cittadini tutti ad acquistare frigoriferi, lavatrici, televisori, la Fiat 500 o 600, si triplicarono in pochi anni il numero di automobili, il traffico cominciò a diventare caotico e problematico, soprattutto nelle città, tanto che il 15 giugno fu approvato il primo Testo Unico del Codice della Strada.

L’Italia cominciava quindi a rialzare la testa dopo la batosta di una guerra perduta e dei suoi tragici sacrifici: in quell’anno Salvatore Quasimodo vinse il premio Nobel per la letteratura, Emilio Segrè per la fisica. L’8 maggio si ebbe la prima Festa della Mamma, iniziarono anche Canzonissima e lo Zecchino d’Oro su Raiuno.

La Juventus vinceva il suo 11° scudetto (ecco perché da allora diventai per un po’ di anni juventino), il 30 maggio Nicola Pietrangeli vinceva il Roland Garros, all’inizio di dicembre a Napoli veniva inaugurato un nuovo stadio, il San Paolo.

Ma il 1959 fu anche l’anno boom del tamburello mantovano, fu l’anno del miracolo sportivo della “Carpani” Goito che vinse il suo secondo, ed ultimo finora, titolo nazionale della massima serie, che allora si chiamava I° Categoria.

La “Carpani” aveva già vinto nel 1950 il campionato di II° Categoria, l’attuale serie B, schierando Adami, Casali, Zomini e Pezzini, e nel 1952, con la stessa formazione, il campionato di I° Categoria, un campionato che per la verità fu falsato dalla decisione della FIPT di allora, guidata dal veronese Giacomo Barlottini, di  escludere dal campionato stesso quegli atleti che giocavano negli sferisteri con totalizzatori per le scommesse, considerati quindi “professionisti”: fra questi vi erano i fortissimi Mara e Rossi del Castel Goffredo. Fu un campionato pieno di polemiche e di ricorsi: a Castel Goffredo, ad esempio, si stava giocando sotto la pioggia, il Goito era in vantaggio per 14 a 13 quando gli avversari, campioni in carica, contestavano una decisione arbitrale ed abbandonarono il campo. La Federazione decise di far ripetere l’incontro in campo neutro, il famoso campo della Fiera di Verona: vinsero i goitesi in una partita memorabile, ma persero poi di fronte al loro pubblico per 15 a 19.L’incontro decisivo fu quello disputato a Goito contro i veronesi del Negrar, sospeso per oscurità quando i veronesi conducevano per 17 a 16, veronesi che protestarono in modo vibrato e molto acceso. La gara fu ripetuta, vinse il Goito che si aggiudicò il primo scudetto della sua storia.

Una storia lunga e ricca quella del tamburello a Goito, una delle patrie di questo sport: si giocava già alla fine dell’ ‘800, addirittura si giocava nella stretta via principale del paese. Una foto ritrae la formazione del 1913 vincitrice di un torneo nazionale con giocatori tutti goitesi e tutti con un soprannome: Edgardo Zago detto Cice, Cleto Zago detto Belo, Italo Crema detto Sgherbo, Cesare Troiani detto Becher e Luigi Marani detto Tacagnin.

Tra le due guerre si era distinto , fra gli altri, Giuseppe Carpani, buon battitore ed eccelso rimettitore: poi venne mandato in guerra, nei Balcani. Dopo l’8 settembre 1943 non aderì alla Repubblica Sociale di Mussolini né accettò di essere arruolato nell’esercito tedesco. Fu quindi fatto prigioniero, portato in un campo di concentramento vicino a Belgrado, un campo che nell’aprile 1944 fu bombardato dagli alleati. Giuseppe rimase gravemente ferito e morì in ospedale, fu sepolto nel cimitero cattolico e civile di Semlin, sobborgo di Belgrado, probabilmente in una fossa comune, come mi ha comunicato recentemente  l’Ambasciata d’Italia della capitale serba.

A Carpani nel 1948 fu intitolata la squadra di tamburello che riprese a giocare in quel di Goito e che, in breve tempo, come detto, riuscì a diventare campione nazionale di II° categoria nel 1950 e di I° categoria nel 1952.

Dopo qualche campionato di metà classifica i dirigenti della Carpani, il presidente Dino Dobelli e il direttore tecnico Arduino Camellini, fanno il colpo grosso: ingaggiano il già famoso Mara, Marino Marzocchi da Castel Goffredo, il quale nel 1956 aveva portato lo scudetto  a Castellaro, dove era poi ritornato nel 1958 dopo un anno di fermo perché giudicato ancora una volta un “professionista”.

Il campionato di I° Categoria si disputò, come negli anni precedenti, con la formula dei due gironi di 6 squadre ciascuno. Nel girone A vi erano i campioni in carica del Bussolengo, grande favorito, e poi il Negrar, il Castellaro, il Capriano del Colle, la Santa Lucia di Verona e l’Enal Ovada, neopromossa.

Nel girone B vi era l’altra favorita, la “Carpani” Goito, assieme al Salvi di San Massimo che allineava Aldo Tommasi e i fratelli Biasi, il Castel-Guidizzolo, il Pedemonte, la Fiat Torino e il Casale Monferrato.

Nel girone A la prima di campionato vide lo scontro tra Bussolengo e Castellaro, vinsero i veronesi per 19 a 6: alla fine furono loro a guadagnarsi meritatamente la finale.

Nel girone B ebbe vita facile il Goito che riuscì a tenere a distanza sia il temibile Salvi che il Pedemonte di Vapolicella.

Finita la prima parte del campionato il 23 ottobre, erano previste le gare di andata e ritorno fra le prime classificate di ogni girone, ovvero il Bussolengo e il Goito. Il 4 novembre si giocò sullo sferisterio della “Carpani”, ovvero sulla piazza asfaltata che ora è il parcheggio davanti alle scuole elementari e medie, area allora occupata da un campo parrocchiale di calcio. Esistono ancora i gradoni che erano stati costruiti appositamente per le partite di tamburello: quel giorno erano gremiti all’inverosimile di persone, si parlò di oltre 2.000 spettatori, io ero uno di quelli. Assieme ad altri 3 o 4 ragazzini (avevo 9 anni) scappavamo dal catechismo  per andare a vedere la partita: il priore don Danilo Vareschi tentava di venire a prenderci per le orecchie (“Và a dutrina, urciun” era la sua frase tipica) ma noi  avevamo imparato a fendere la marea degli spettatori  e a nasconderci in mezzo a loro, il priore non riusciva mai a penetrare in quel muro di gente.

Fu uno spettacolo splendido, una fulgida vittoria per 19 a 14 del funambolico Mara e compagni.

Ma una settimana dopo, sullo sferisterio “San Valentino” di Bussolengo, pieno di ciuffi d’erba e di insidiosi trabocchetti, i goitesi cedevano per 19 a 10 ai veronesi Righetti, Renzi, Cordioli, Turri e Coghi , quest’ultimo originario di Malavicina.

Tutto da rifare dunque: si giocheranno altre due partite, andata e ritorno, la prima domenica 29 novembre “sul perfetto terreno di Goito”, come annota con una punta di polemica il cronista della Gazzetta di Mantova (di solito a scrivere le cronache delle gare era il corrispondente locale , il maestro Rocco Scardocci, che a volte si firmava Rosca o Ros: ma per le ultime gare la Gazzetta aveva mandato un inviato davvero speciale, l’amico Renzo Dall’Ara).

Sulla Gazzetta di lunedì 30 novembre Dall’Ara titola: “Il Goito stava vincendo ma ci si è messa la pioggia …”. L’incertezza del tempo , annotava Dall’Ara, ha tenuto lontano il gran pubblico: gli spettatori erano attorno al migliaio, saranno invece più di 2.000 in occasione della ripetizione dell’incontro.

In accordo con le due Società l’arbitro a Bussolengo era stato un mantovano, il medolese Buzzacchi, a Goito arbitrò invece il veronese di Quaderni Nicola Zago, e la cosa diede adito a qualche vivace discussione e battibecco fra le tifoserie avversarie e fra il sanguigno Mara prontamente rimbeccato dal DT del Bussolengo Mascanzoni, quando l’arbitro fischiò la sospensione della gara: la pioggia, che all’inizio era rada, si era fatta più insistente. Peccato perché la “Carpani” stava giocando alla grande, stava vincendo per 12 a 6 e stava già assaporando il gusto della vittoria.

Ancora una volta tutto da rifare: ma il gran giorno arrivò la domenica successiva, 7 dicembre 1959. Data storica per il tamburellismo goitese e mantovano. “Il Goito è campione d’Italia!” titolò a caratteri cubitali la Gazzetta, “dopo sette anni lo scudetto tricolore è tornato a fregiare le maglie azzurre della “Carpani”.

Quel giorno gli spettatori tornarono ad essere, come spesso di quei tempi, più di duemila: tra di loro il sindaco Narciso Vaccari, tifosissimo, il sub-commissario nazionale della FIPT Carlo Viani, il commissario provinciale Giuseppe Contesini, il presidente della “Carpani” Dino Dobelli con il segretario Fausto Bertolaso e tutti i dirigenti della Società, primo fra tutti, e il più sbraitante, l’ipertifoso Enzo Stefanini. Erano presenti anche alcuni campioni del passato come Orlandi di Medole e Toffoli di Malavicina.

Fu una grande partita, ottimamente interpretata da tutti i giocatori in campo. Onore ai goitesi, Dall’Ara li elogiava tutti e nel sottolinearne la grande passione, lo spirito di corpo e la sportività dava anche atto del loro “non professionismo”: Marino Marzocchi, detto Mara, da Castel Goffredo, 34 anni, faceva il rappresentante, Albano (per errore di stampa scritto Albino) Casali, 35 anni, oriundo di Sacca ma residente a Goito, faceva il muratore, Enzo Adami, 35 anni, aveva bottega ai Marsiletti, Mario Zumini (pare che il cognome esatto sia Zomini) , il “vecio” , per via dei suoi 42 anni, abitava a Birbesi e impastava mattoni, e Mario Martelli, il più giovane, appena ventinovenne, faceva il postino a Sacca ma arrotondava suonando la fisarmonica per le balere.

Fu festa grande da subito, con invasione di campo, pacche sulle spalle ai giocatori e ai dirigenti: la festa  continuò poi in Municipio, invitati dal sindaco Vaccari, un trionfo del tamburello di sessanta anni fa che rimane nei ricordi degli appassionati  e nella storia del nostro sport.

Enzo Cartapati

 

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