“Cerot” sale in cattedra. Domani all’Università talk show con il campione

Il tamburello sale in cattedra. Docente Aldo «Cerot» Marello da Revigliasco. Campione, scrittore, grande appassionato del mondo degli sferisteri di cui è diventato anche preziosa memoria.

Ne parlerà domani, alle 17,30, nell’aula magna dell’Università di Asti. «Nessuna relazione noiosa ma piuttosto un talk che spero sia avvincente grazie al coinvolgimento del pubblico» precisa Marello , rispondendo con entusiasmo all’idea lanciata dal giornalista e comunicatore Efrem Bovo che ha coinvolto anche Alessandro Appiano, altro rappresentante del tamburello astigiano.

L’occasione è data dall’incontro «Cultura dell’accoglienza: la Douja nei paesaggi del benessere e nelle piazze del tambass». «L’introduzione sarà dettata dai riferimenti storici che questa disciplina ha, senza dimenticare quelli letterali e culturali. Ma ovviamente dal passato si guarderà al presente cercando di intravedere quello che sarà il futuro della disciplina, interrogandoci» anticipa «Cerot» Marello. E l’attualità del tamburello al di là dei trionfalistici risultati nelle competizioni iridate secondo il campione astigiano non è esaltante. «Se parliamo dell’open penso che abbia perso spettacolo e con questo gran parte di interesse e spettatori. I campioni sono concentrati in pochissime squadre, un intero campionato si decide in tre-quattro incontri. Ed i colpi che appassionano sono diventata merce rara. Con l’allungamento dei campi da gioco ha vinto la filosofia del palleggiatore.

Come è possibile rendere interessante gare che durano anche oltre cinque ore?». Mancano i personaggi?

«Ci sono campioni pure oggi ma il gioco ne limita il potenziale. Si è perso il confronto dell’uno contro uno che è il sale anche nelle sfide tra sport di squadra. Lo spunto che richiama il pubblico, divide ed appassiona». Poi ci sono i costi. «L’unica cosa che è aumentata negli anni. Ad esempio in serie B si viaggia dal Piemonte al Trentino e a bordo campo pochi intimi. Meglio sarebbe fare tornei regionali e una sola fase nazionale» il suggerimento.

Il muro?

«Qui il tamburello sta meglio. Peggio dopo l’introduzione dei punteggi, che premiano più la presenza che il valore di un giocatore. Fattore che ovviamente frena quei dirigenti e sponsor che nell’impegnarsi vorrebbero costruire una squadra come la immaginano senza usare troppo la calcolatrice. Ma a scarseggiare maggiormente sono i dirigenti illuminati».

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