ill ricordo di Enzo Cartapati Presidente Commissione Storia e Documentazione FIPT e Presidente del Comitato Regionale FIPT Lombardia
E' morto ieri, nella sua casa di Goito, lo storico campione di tamburello Mario Riva, classe 1936: Mario è stato campione nazionale nel 1960 col Fiat Torino, nel 1970 e 1972 con il Castell'Alfero, oltre che vincitore di numerosi tornei e manifestazioni (ved. curriculum vitae allegato). Nel novembre 2021, in occasione di una serata conviviale organizzata a Porto Mantovano dall'Ansmes Mantova, di cui sono presidente, in collaborazione con il Panathlon, avevo consegnato una targa "a Mario Riva, pluricampione italiano di Serie A, protagonista della storia del tamburello italiano" (ved. foto 1).
Ho avuto modo di leggere della pregevole attività sociale svolta dalla Pro Loco di Breonio e delle manifestazioni che la stessa organizza per valorizzare il paese, in particolare la Festa del Ciclamino in agosto e l'Antica Fiera del Rosario che si tiene ogni terza domenica di Ottobre, quindi quest'anno il 20/10. Ho letto anche che nel corso della Festa del Rosario viene assegnato il Premio Lessinia a persone o gruppi che si siano distinti e abbiano contribuito a far conoscere il paese. Mi piacerebbe che tale Premio fosse assegnato all'amico Mario Riva, grande campione di tamburello degli anni '50, '60 e '70, nato a Breonio nel 1936 ed ora residente nel mio paese, Goito in provincia di Mantova, avendo sposato nel 1962 una goitese. A tal fine allego il curriculum vitae di Mario, un breve scritto che avevo preparato ed esposto in una Mostra sulla storia del tamburello che avevo organizzato, nella mia qualità di Presidente della Commissione Storia e Documentazione della FIPT-Federazione Italiana Palla Tamburello, a Goito nel 2017. Dell'idea di organizzare un incontro con Riva nel suo paese avevo parlato col compianto Giuseppe Arcozzi, recentemente scomparso a Mazzurega, e con alcuni dirigenti del Comitato di Verona della pallatamburello. Indipendemente dall'assegnazione o meno del Premio Lessinia, mi piacerebbe organizzare, con la Vostra collaborazione, un incontro con Mario a Breonio nell'ambito della Fiera del Rosario o della Festa del Ciclamino, nel corso del quale potrei illustrare brevemente la carriera di Mario Riva, il quale credo presenzierebbe molto volentieri, essendo ancora in buona salute nonostante l'età avanzata: tra l'altro possiede ancora la casa di famiglia e ogni tanto ritorna a Breonio, soprattutto nel mese di agosto. Rimango in attesa di riscontro e cordialmente saluto.
MARIO RIVA
Mario Riva è nato il 3 marzo 1936 a Breonio, sui monti Lessini, a nord di Verona, altra zona tipica, non solo per i buoni vini che vi si producono, ma anche per i tanti campioni di tamburello che vi sono nati e vi nascono anche oggi. Breonio fino al 1929 faceva Comune a sé, oggi è frazione di Fumane, come Mazzurega, paesi ben noti agli appassionati del nostro sport.
Mario inizia a giocare a tamburello sulla piazza del paese, davanti alla chiesa, partecipa al torneo ragazzi di Fumane: è bravo, tanto bravo che Giacomo Barlottini, Renzi e l’avvocato Guerra lo convincono ad andare a giocare a Genova, gli fanno addirittura una bella lettera di presentazione. A Genova viene ingaggiato dalla società Sport Palazzo Superba che gestiva sia il campo all’aperto ricavato sulla riva della foce dell’Albaro, detto appunto la Foce, e quello al chiuso con totalizzatore per le sfide e le scommesse.
Nel campo indoor si era già esibito Mara, che nel 1952 aveva vinto la Coppa degli Assi di prima categoria, individuale, a punti (150 quelli di Mara, 140 quelli del secondo, Fosco), nel 1953 la Coppa del Tirreno e il primo posto nel campionato italiano per giocatori di prima categoria.
Riva arrivò a Genova un po’ dopo, nel 1956, e nella Sport Palazzo giocò con campioni del calibro di Caneva, Cagna, Furri e Bottaro. La formazione genovese, che l’anno prima con Mara aveva conquistato il gradino più alto del podio, quell’anno si classificò seconda dietro il Castellaro: Castellaro e Sport Palazzo, che nella prima partita-spettacolo avevano pareggiato 18-18, avevano concluso alla pari anche la regular season.Fu necessario lo spareggio, sul campo neutro di Casale Monferrato, in piazza Castello. Fu una partita memorabile, nella quale fece il suo debutto per tutta la gara (prima aveva fatto la riserva) “un giovane e riccioluto biondino che, per molti anni, diventerà uno dei beniamini degli sportivi” ha scritto Filippo Piana nel suo libro. Era lui, era Mario Riva, il quale ricorda ancora gli screzi fratricidi tra Mara e Cagna, ricorda anche che in uno scambio furono contati ben 113 colpi senza che la pallina toccasse terra.
Mario si rifà pienamente nel 1960 quando riesce a vincere il suo primo campionato con la maglia rossa della Fiat Torino, dove era approdato nel 1958 e dove ritrovò gli amici-nemici Mara e Cagna, detto “braccio d’oro", e con loro Bovi e Calosso. Vinse entrambe le gare di finale contro il Belladelli, 19-6 a Quaderni, 19-15 a Torino, e fu l’apoteosi.
La Fiat gli dà anche il lavoro (rimarrà a Torino per 34 anni, fino alla pensione) e gli permette di partecipare, con alcuni permessi, al Trofeo Agnelli tra le rappresentative dei vari reparti: il trofeo, per conquistare il quale occorreva vincere per tre volte consecutive, fu consegnato a Riva e compagni dall’avvocato Gianni Agnelli in persona.
Rimane nel Torino negli anni successivi, gli anni degli eterni secondi posti dietro alla corazzata del Quaderni. Nel 1966 la Fiat Torino arriva terza, tra il Belladelli e loro si era inserita un’altra veronese doc, il Salvi dei fratelli Biasi.
Dal 1967 Riva comincia a frequentare i paesi del Monferrato, partecipa al torneo con il Gabiano, i due anni successivi col Montechiaro.
Il 1970 è un altro anno d’oro per Riva: col Castell’Alfero di Marello e Uva, Pentore e Casalone vince sia il Torneo del Monferrato che il titolo italiano, superando Salvi e “Belladelli” Quaderni, finite ex-aequo al secondo posto. L’anno dopo tuttavia il Castell’Alfero deve inchinarsi di fronte alla superiorità della Ongari Marmirolo, si rifà pienamente nel 1972 quando, assieme a Uva, Marello, Negro e Beppe Conrotto, riguadagna il titolo nazionale, meritato frutto di una stagione durante la quale, ricorda Mario, la squadra di patron Sandro Vigna ha vinto 51 partite, comprese quelle dei vari paesi monferrini, sulle 53 disputate.
Nel 1973 rimane nel Castell’Alfero che invece l’anno dopo inaspettatamente si ritira: Riva viene chiamato a giocare nell’ Ovada con Damoli, Farina, Tretter, Elio Tezza e Alberto Renzi. Sullo sferisterio di Ovada il pubblico era sempre numerosissimo, nel torneo conquistò il secondo posto a pari punti con Murisengo e Basaluzzo: fu d’obbligo lo spareggio a tre, nell’ultimo incontro tra Ovada e Basaluzzo l’unico punteggio che poteva qualificare entrambe alla finale e metter fuori gioco il Murisengo era quello di 19 a 9 per l’Ovada.
E 19 a 9 fu: e fu l’inferno. Scoppiò una polemica feroce, l’Ovada, che a Ferragosto aveva conquistato il primo posto nel torneo di casa davanti al Basaluzzo, nelle finali di campionato fu seconda ma fu retrocessa al 5° posto poiché nel frattempo Capusso e Montresor, entrambi del Basaluzzo, retrocesso al 6° posto, ammisero la combine, ovvero di avere volontariamente fatto in modo che quella partita con l’Ovada finisse 9-19.
Mario Riva l’anno dopo quel fattaccio ritroverà in squadra nel Casale Monferrato, che aveva preso il posto del rinunciatario Viarigi, proprio Franco Capusso e Paolo Montresor, i rei confessi, ma c’era anche lo scoppiettante Cerot, ovvero Aldo Marello. Nel Torneo del Monferrato il Casale si classificò al quarto posto, non riuscendo quindi a qualificarsi per le finali.
Alla fine del 1975 Riva, che nel frattempo aveva continuato a coltivare un’altra sua passione, il nuoto subacqueo, ebbe difficoltà, per qualche problema sanitario, ad ottenere il certificato di idoneità alla pratica sportiva agonistica: concluse comunque la sua brillantissima carriera prima nel Tonco e poi, nel 1979, nel Murisengo.
Nel 1994, raggiunta l’età del pensionamento, si trasferisce in quel di Goito, il paese della moglie, che aveva sposato nel 1962 e che aveva conosciuto nelle riunioni dopo partita in quello che era un tempo il famoso ristorante “Il Gambero” che lei gestiva nella via principale del paese sordelliano. E a Goito Mario vive tuttora, con lui si possono scambiare quattro chiacchere, salvo quando riprende le sue frequenti peregrinazioni per andare a trovare gli amici genovesi e piemontesi di un tempo o quando torna a rivedere il suo bel paese natio, Breonio, col suo stupendo balcone sulla Val d’Adige