Il "balon" aspetta che risorga il mitico Mermet

Bruno Campagno nel privato con la moglie Ilaria e i figli Anna e Lorenzo
Parafrasando il titolo del romanzo di Gabriel Garcia Marquez «L'amore ai tempi del colera», il 2020 è stato l'anno della «pallapugno ai tempi del Covid-19». Questa disciplina antica e nobile (già pallone elastico, in dialetto «balon») era diffusa in tutta Italia (esistono fior di sferisteri, ancorché riconvertiti ad altro uso, a Macerata, alle Cascine a Firenze, in tutta l'Italia centrale); si è però via via ristretto ed è ora praticata solo in provincia di Cuneo in una parte del Sud Astigiano e nel Ponente ligure. Non ha perso tuttavia una robusta considerazione di sè, dal momento che disputa un campionato «italiano» e assegna uno scudetto tricolore. C'è una Federazione italiana (Fipap) aderente al Coni. Sport difficile da praticare (la palla di gomma pesa 190 grammi e il suo impatto sul pugno fasciato è devastante), ma anche da capire, perché il meccanismo delle «cacce» non è di immediata comprensione. Per i «nativi», invece, la passione è travolgente.
Robuste passioni
Sport destinato all'estinzione, dice qualcuno, ma sempre vivo e pronto a rinascere dalle ceneri dell'irrilevanza e del disinteresse. Nel 2020 anche il balon ha dovuto fare i conti con il virus che ha costretto la Fipap dapprima ad annullare il campionato, poi, visto che l'astinenza era troppo pesante, ad inventarsi la Superlega, un torneo che ha riempito l'estate. Lo ha vinto Bruno Campagno che ha battuto Paolo Vacchetto giunto in finale a sorpresa mentre tutti aspettavano il fratello Massimo, 5 scudetti, il più forte giocatore in circolazione.
La storia di Campagno è curiosa. Giovane di belle speranze giocava in un paesino del Monregalese. Lo vide e lo volle il notaio Toppino, grande appassionato e generosissimo mecenate. La società di origine nicchiava; allora il Notaio (tutti lo chiamano solo così) ingaggiò la squadra in blocco, allenatore compreso. Undici anni dopo, alla vigilia della finale di Superlega, la società di Canale (ma il Notaio non c'era) ha esonerato Campagno e tutta la squadra, puntando su un giocatore più giovane. Adesso i «licenziati» sono a spasso ma nel futuro c'è una sistemazione ottimale.
Il Maracanà delle Langhe 
Alba è la capitale riconosciuta della pallapugno e lo sferisterio Mermet, inaugurato nel 1857, è il tempio del balon. Giovanni Arpino lo aveva ribattezzato il «Maracanà delle Langhe». Negli anni scorsi c'è stato il tentativi di abbatterlo per costruire un parcheggio, ma la sollevazione popolare ed una Fondazione creata ad hoc, lo ha salvato, acquistandolo con l'intervento del Comune, ancora del Notaio Toppino, e molti privati. Adesso però non ci gioca nessuno e Campagno lo guarda con desiderio. La soluzione è a portata di mano se solo la Federazione ripescherà la società albese, con il diritto alla massima serie che oggi non possiede. 

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