Il prete giornalista che sapeva di storia e giocava a tambass

La scomparsa di mons. Vittorio Croce, 78 anni. «Orgogliosamente contadino», era appassionato di cultura locale e professore di teologia

È mancato lunedì, nel seminario di Asti monsignor Vittorio Croce, figura di grandissimo spicco non solo del clero astigiano ma della vita culturale provinciale per i suoi numerosi studi sul Romanico, sul dialetto e sulla Prima guerra mondiale. Avrebbe compiuto 79 anni il 23 maggio. Nato a Camerano Casasco e ordinato sacerdote il 29 giugno 1965, è stato vicario generale della Diocesi dal 2001 al 2016 e ha insegnato Teologia all'università di Alessandrina. Ma la sua grande passione era il giornalismo: per 42 anni ha diretto la Gazzetta d'Asti, con passione e impegno, testimoniando con il giornale diocesano i cambiamenti di un'epoca.Orgoglioso delle sue origini contadine don Vittorio Croce è stato un testimone attento e presente dell'«astigianità». 
La sua morte, avvenuta in seminario dopo due mesi travagliati per un fisico minato da diverse patologie, ha destato grande cordoglio anche fuori dall'ambiente ecclesiastico: c'è chi lo ricorda come teologo, chi come sacerdote illuminato, chi come storico, chi come esperto di dialetto, chi lo sportivo (amava il tamburello, il ping pong e il calcio, tifosissimo della Juventus ma anche nostalgico del Grande Torino).
Non c'era argomento che lo cogliesse impreparato, che si parlasse di politica, di filosofia, di arte e anche di musica (seguiva sempre Sanremo). Con i giovani, anche con i giovani seminaristi, si comportava come un padre un po' burbero, con quel viso ieratico da vecchio capo indiano, ma sempre pronto alla battuta: impossibile non dargli del «lei».
Andava poi molto fiero dei suoi giornalisti che dalla rampa di lancio della Gazzetta avevano avuto successo nella professione. Si prodigava per far ottenere loro il tesserino da pubblicista e gli forniva i primi «ferri del mestiere». 
Monsignor Vittorio Croce amava definirsi un «figlio di Caporetto» perché sua madre era sfollata dal Veneto durante la Prima guerra mondiale.
In Piemonte Cecilia aveva conosciuto il futuro marito Vincenzo Croce. Vittorio era il terzogenito e negli anni 50 era entrato in seminario. Il suo primo incarico fu a Mombercelli come vice parroco, dal 1968 al 1981 fu trasferito alla parrocchia di Agliano laureandosi nel frattempo in Teologia. Nell'81 fu nominato parrocco di Settime e dal 2001 al 2016 è stato il vicario generale della Diocesi sotto il vescovo Francesco Ravinale che l'ha sempre stimato moltissimo. Nell'ultimo periodo era stato chiamato a guidare la parrocchia di San Marzanotto.
Alla Gazzetta d'Asti era entrato nel 1975, due anni dopo gli venne affidata la direzione che ha mantenuto sino allo scorso novembre per 42 anni di seguito. Dei numerosissimi suoi studi val la pena ricordare quelli sulle chiese romaniche dell'Astigiano e sul recentissimo volume iconografico della Cattedrale, i suoi saggi teologici, la biografia della famiglia di papa Francesco scritta insieme a Stefano Masino, la riscoperta di un autore a lui molto caro come Angelo Gatti, pure originario di Camerano Casasco, di cui fece ristampare «Il mercante di sole». Suo «padre spirituale» è stato invece senza alcun dubbio il cardinal Guglielmo Massaia: l'intitolazione dell'ospedale cittadino al venerabile di Piovà si deve in gran parte anche a lui. Al Massaja don Croce ha dedicato diverse ricerche e con lo storico Mauro Forno compì un viaggio in Etiopia per visitare i luoghi in cui il frate capuccino fu missionario. 

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