Massimo Berruti nel suo studio di pittore
Venerdì 21 febbraio verrà presentato al Castello di Grinzane Cavour il libro sul campione della pallapugno
Il braccio d'oro. Che dunque mai arrugginirà. Un favoloso carosello di «gesti» fra gli anni Settanta e Ottanta nei cieli di Langa, e del Roero, e del Monferrato. Ecco Massimo Berruti, un eroe della pallapugno (o pallone elastico), l'artefice e il custode (la memoria) di un sport che è vita, riflettendo gli ancestrali, infine immutati, copioni collinari. Tra l'azzardo e la malora, tra la bizzarria e la pazienza ostinata, tra il lampo e l'accalmia. Come sapeva il Pavese di «La luna e i falò», «il bello di quei tempi era che tutto si faceva a stagione, ogni stagione aveva le sue usanze e il suo gioco, secondo i lavori e i raccolti, la pioggia o il sereno».
Rende omaggio a Massimo Berruti (testi di Luciano Bertello, Franco Binello, Marco Drago, Luigi Sugliano, Giovanni Tesio, Nando Voglio, fotografie di Bruno Martina, Sori edizioni) un libro che si presenta venerdì alle ore 18, al Castello di Grinzane Cavour. Lungo la strada di Alba, verso il Mermet, lo sferisterio che Arpino onorò battezzandolo Maracanà, un tempio sospeso fra il rimpianto soffocante e l'urgenza di una nuova, epica era.
Perché la pallapugno esige un re. Da troppo la corona è vacante. Vacante il campione, vacante il personaggio che la indossi. A rammentarlo è Massimo Berruti, la sua parabola, il suo braccio d'oro, contendendo, ieri e ieri l'altro, applausi e trofei e record a Felice Bertola.
Sei titoli italiani, Berruti, classe 1948, villaggio natale Rocchetta Palafea, nell'Astigiano, contro i dodici di Bertola, classe 1944, di Grottasecca, fra Cuneo e Savona. Sempre in attesa, Berruti, che venga omologato un suo lancio, il più lungo di sempre, ancorché con vento a favore, 102 metri...
L'album dei ricordi, che mai diventano cicatrici, un ventaglio di sfide mai archiviate, di palla in palla (centonovanta grammi) possentemente, elegantemente, in volo, ispirando scommesse ardite, aspettando, questa e quell'impresa, di essere celebrata con pantagrueliche cene, tra infiniti antipasti e agnolotti fatti a mano e botti di dolcetto...
A Canelli, dove vive, Massimo Berruti tesse la sua leggenda sportiva, intrecciandola con l'ulteriore, non meno antica passione, l'arte. Privilegiando il ritratto di donna, gozzaniano mistero senza fine bello, ma qui soffuso di un erotismo raffinatamente inquieto, alla Mollino. La vita non è solo «balon».