Gianni Rigo: quei due colpi di Max che non potrò dimenticare

Gianni Rigo (Araldica)

il tecnico di Vacchetto e dei castagnolesi

Nella strategia di Massimo Vacchetto, dei suoi colpi a «nascondere» il pallone, della sua caparbietà e astuzia (insieme ad una Castagnolese che lo ha assistito degnamente) si è parlato molto in questi giorni, dopo la vittoria nella prima finale scudetto, a Castagnole Lanze. Sabato ci sarà il bis, ad Alba e Gianni Rigo, il tecnico degli astigiani, predica ovviamente prudenza: «Attenzione ai facili entusiasmi. Qui abbiamo vinto appena una battaglia, non certo la guerra e magari al «Mermet» ci danno subito il benservito». Prudenza (saggia) che non esclude ammirazione per il capitano. Quando si paragona la vittoria di Vacchetto,sabato a quella di un certo Bertola, nel 1986, contro l'emergente mancino ligure Ricky Aicardi, Rigo (che era in campo al Mermet proprio al fianco dell'asso di Gottasecca) rompe gli indugi: «Si, Massimo ricorda, nel modo di gestire certe partite, il Felice di quella volta. Aveva 42 anni, era all'ultimo atto che contava di una carriera inimitabile. Ero alla prima finale e lui ad un certo punto mi disse: «Sono un po' stanco, arretra un po' e dammi una mano. Riprese fiato e vigore, senza che gli avversari si accorgessero di nulla e poi li annichilì con la tecnica, la tattica e la testa. Le doti che sono prerogativa dei fuoriclasse come Massimo». E aggiunge: «Felice mi diceva sempre: quando entri in campo, la prima cosa che devi fare è cercare i punti deboli del tuo avversario e cercare di sfruttarli». E, secondo Rigo, Vacchetto come Bertola (e gli altri grandissimi di questo sport) ha la rara capacità di «saper leggere la gara anche nei momenti di maggior stress». Poi svela un aneddoto che la dice lunga sul personaggio: «Tre anni fa affrontammo in finale Federico Raviola. A Cuneo la partita si riaprì quando Massimo cominciò ad accusare i segni dei crampi. Rischiava di doversi arrendere ad un rivale sempre più incalzante. Max non ne aveva quasi più e il risultato era apertissimo. Venne in battuta e mi disse: «Me la gioco in due colpi. Se riesco a mettere un pallone al largo dove dico io e l'altro sui 50 dove vedo che loro sono più deboli, forse ce la facciamo».
E ancora: «Andò esattamente così: Massimo mise i palloni proprio dove aveva detto, come se nel braccio avesse un gps incorporato e loro . Non ho mai dimenticato quelle due battute e lì ebbi la definitiva conferma del fatto che Massimo avesse le stimmate del fenomeno: Ma poi avverte: «Per favore, sabato ad Alba dimentichiamo tutto. Nella Canalese c'è un altro super campione che merita il nostro rispetto. E' una rivalità che fa bello il balòn»

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