Il tamburello riparte senza il suo tris d'assi

Dellavalle-Petroselli-Cavagna, campioni oltre il tempo hanno annunciato il ritiro durante il lockdown.
I cugini chiusanesi più famosi del tamburello: Riccardo Dellavalle (a sin.) e Andrea Petroselli. Sotto Giorgio Cavagna da Calliano
Quando ripartirà (si spera presto, prestissimo) il tamburello giocato sarà già «orfano» di tre fenomeni che il lockdown ha congedato con un po' di colpevole silenzio. I cugini chiusanesi Riccardo Dellavalle e Andrea Petroselli e il terzino callianese Giorgio Cavagna, hanno annunciato già prima della fine 2020 il ritiro dalle scene. Non ce ne vogliano i calciofili tifosi di questa o quella squadra, se tentiamo di usare una metafora - appunto - pallonara dei tre, che, per numero di trionfi (decine e decine di scudetti, Coppe, ecc ecc) potrebbero essere definiti i Baresi o i Maldini (Dellavalle e Petroselli) o un Inzaghi del «cordino» (Cavagna). Questo per rendere l'idea di quanto grandi o importanti o determinanti siano stati in quasi-almeno 30 anni questi autentici fenomeni degli sferisteri.
Dellavalle e Petroselli - che hanno in più il merito di aver contribuito a creare una scuola di giovani tamburellisti a Chiusano che da sola alimenta da anni il panorama del tamburello che conta - sono stati, da 
giocatori, qualcosa di più di semplici campioni. Perchè hanno dedicato al tamburello ogni energia, trasmettendo a chi vuole avvicinarsi al loro sport il messaggio della dedizione totale. E non a caso hanno dominato, illuminando d'immenso borghi di paese altrimenti sconosciuti ai più come la novese Castelferro (frazione di Predosa) o l'astigiana Callianetto (frazione di Castell'Alfero).
Riccardo e Andrea sono anche l'anello di congiunzione tra il tamburello delle grandi piazze affollate e l'evoluzione tecnicamente più sofisicata e moderna, ma ora ahimè meno partecipata (come presenza di pubblico) di questo gioco sferistico.
Due prototipi diversi e uguali, ma comunque irripetibili: Dellavalle potenza e versatilità, meraviglioso nelle fiondate a centrocampo; e Petroselli che dispiegava quella sua sbracciata a volte un po' arruffata, facendo vibrare il tamburello come un violino, anzi uno Stradivari. E Cavagna, venuto dal muro con De Luca: insieme hanno imposto «il dolce stilnovo» del terzino che avanza sul filo del cordino e che a rischio di diventare un oggetto da tirassegno diventa argine insormontabile 
a cavallo di quella linea bianca che segna il confine tra i due campi.
Cavagna, il bancario che a vederlo prima della partita sembrava quasi uno capitato lì per caso, l'appassionato «venuto a dare due colpi». Come quei clown acrobati che quando comincia lo show del circo arrivano travestiti da personaggi improbabili. Poi, come per magia, da quel bozzolo misterioso, ecco uscire l'atleta delle meraviglie: Cavagna che in partita, prendeva tutto, un felino spietato che non disperdeva per abitudine neanche un «15».
Tre astigiani (e non solo) così , a rimetterli insieme non sarà facile. Chi ama il «bello» degli sferisteri dovrà accontentarsi adesso di ripensare a quello che sono stati, o che hanno portato in dote. Anche ai silenzi a cui ci hanno abituati, sul campo e fuori. Campioni più concreti che «comunicativi». Gente che parlava poco e quando lo faceva lasciava il segno, come sul campo. Di loro, di questo addio accennato nel silenzio del lockdown, hanno già raccontato in tanti. Ma ci piace pensare che la loro avventura sportiva non si esaurirà con l'addio alle scene. Come tutti i Grandi del palcoscenico resteranno nella memoria collettiva. Ci hanno divertito. E sono stati un esempio. 

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