Solferino, capitan Beltrami: “Si poteva aspettare e salvare la stagione”

Beltrami, capitano del Solferino)

Manuel Beltrami (Solferino)

MANTOVA C’è tanta amarezza nel mondo del tamburello per la decisione assunta sabato dalla Federazione Nazionale di annullare tutta l’attività coordinata dalla stessa ovvero i campionati di serie A e B, la Coppa Italia, la Supercoppa e la Coppa Europa, maschile e femminile.
Tra gli atleti, vi erano coloro che confidavano in un rinvio di qualche settimana della decisione, per comprendere meglio il quadro che andava creandosi. «In questo momento – afferma Manuel Beltrami – capitano del Solferino Tamburello, fondocampista e battitore di grande esperienza – programmare un campionato francamente è difficile. Forse se si fosse atteso un po’ di tempo in più, probabilmente la situazione sarebbe anche migliorata. Non bisogna dimenticare che anche iniziando a giocare in luglio, vi sarebbero stati gli spazi quantomeno per salvare la stagione. Noi atleti del Solferino, d’intesa anche con la società, abbiamo stilato una lettera con la quale abbiamo formulato alcune ipotesi. Purtroppo è stato deciso di rimandare tutto al prossimo anno. Accettiamo con molta amarezza quanto scaturito dal consiglio federale».
Come avete vissuto questa particolare fase?
«Quando è iniziato il lockdown ci siamo incontrati varie volte in videoconferenza e in ognuno di noi vi era tanta volontà e tanta voglia di andare in campo. Debbo ringraziare, senza ombra di dubbio, il presidente Mario Spazzini e tutta la società per la disponibilità e la collaborazione dimostrata. In uno dei nostri incontri online abbiamo ribadito l’intento di giocare anche rispettando il nuovo protocollo sanitario. Inoltre siamo stati in contato con Riccardo Bonando, componente il consiglio federale nazionale e atleta del Sabbionara. Tra le nostre proposte vi era quella di dare priorità al campionato qualora si fosse riusciti a partire a luglio. Ora ci troviamo un po’ in difficoltà perché se si ritornerà in campo lo si dovrà fare solo per manifestazioni di un certo rilievo».
Alla luce di quanto deciso qual è lo scenario che si prospetta dal suo punto di vista?
«Si pensi per un istante che la nostra ultima partita è stata giocata in ottobre del 2019; ora si prospetta di ritornare a giocare in marzo del prossimo anno ovvero stiamo fermi per 18 mesi: è qualcosa di preoccupante in quanto è elevato il rischio di gli atleti. Dal mio punto di vista si sarebbe dovuto pensare, oltre alla salute delle persone che ovviamente è al primo posto, anche a tutelare il tamburello e tutto il movimento che ruota intorno ad esso. É vero non siamo professionisti, ma se hanno trovato le condizioni, anche economiche, per riprendere altre discipline, perché no il tamburello? Non avremmo giocato sette mesi, ma perlomeno si sarebbe salvata la stagione».

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