Sferistica al test del 2000

12 GIUGNO 1998- quasi come Dumas ... vent'anni fa il celebre "de profundis" di Neto Prosio. Fu la scossa che risvegliò le coscienze e attirò l'attenzione dei politici per la rinascita del tambass con una nuova classe dirigente.

 Più ombre che luci, gli sport della tradizione sopravviveranno al terzo millennio?

C'è aria di crisi, ma il "balon" sta meglio del tambass

MONCALVO - Un anno fa, di questi tempi, avevamo definito «incerta nel suo complesso» la situazione della nostra sferistica. Due sport, il tambass e il balon, che nonostante tutti gli sforzi di giocatori, dirigenti ed appassionati hanno il destino segnato. Questo concetto, che non é per nulla catastrofico, ma soltanto realista, é stato ribadito nel convegno tenuto a settembre, in Santa Chiara, a Casale, da uno dei più grandi storici degli sport sferistici, il prof. Morgan dell'Università di Cambridge.

E' stata sul finire dell'Ottocento la nascente civiltà industriale a condannare questi sport, privilengiandone altri emergenti come il calcio, il ciclismo, il tennis «più rispondenti alle nuove esigenze del nuovo potere», disse testualmente l'illustre studioso.

Di quei pochi che eravamo in sala annuimmo tutti, ovviamente con la speranza che la lenta ed inarrestabile agonia potesse protrarsi il più a lungo possibile. Da allora, almeno a parere di chi scrive, quell'agonia ha avuto un'accellerata.

Più visibile nel tambass che non nel balon, anche se nel momento il cui il prof. Morgan recitava il «de profundis» il primo sembrava stare meglio. Ricapitoliamo velocemente i fatti, partendo appunto da 12 mesi fa e dividendo il discorso tra i nostri due amati.

Il Torneo di tamburello a muro del Monferrato aveva quattro squadre (Montemagno, Moncalvo, Vignale, Grazzano) che livellavano i loro valori ben più di oggi, dove il protagonista totale e assoluto é il Castell'Alfero, un quintetto che corre il rischio di concludere la stagione con un en plein di vittorie schiacciante.

Il Moncalvo tolse il titolo al Montemagno dopo aver rischiato l'eliminazione con il Grazzano e dopo essersi trovato sotto nella finale di Vignale 12-3. Riuscì invece a vincere il suo terzo titolo per 19-17.

Bastò quel botto per indurre al ritiro il Momtemagno, allora campione uscente. A Vignale assistettero alla finalissima 900 paganti, ma meno di un mese prima la finale del torneo notturno a Portacomaro, tra Montemagno e Vignale (11-9) venne vista soltanto da 130 persone.

Nei mesi invernali si fu vicini all'abbandono.

Con il rattoppo dell'ultimo minuto si iscrissero 9 squadre, 2 in più, ma con i doppioni in 2 paesi e sempre con importanti squadre (Montemagno, Montechiaro) che si chiamarono fuori. Oggi il tambass vivacchia in quello che é probailmente il suo ultimo anno.

Nel balon, 12 mesi fa la situazione era pesante: Novaro era al capolinea e la sua stizzosità stava urtando gli appassionati e tagliando fuori la Monferrina da ogni velleità di promozione.

L'inverno fu contrassegnato dalla vicenda Massone, che si aggiungeva a quella di Voglino di un anno prima. Ne seguì l'avvicendamento alla segreteria tra Crova e Bellero.

Si optò sempre per Unnia, un volto nuovo con cui cominciare un nuovo corso. Con la penuria del mercato, arrivarono la spalla Sardi, il solo reperibile, e due buoni terzini: Boffa e Bertola.

Ma a campionato appena iniziato la pubalgia di Unnia e poco dopo la scomparsa del presidente Sebastiano Gaiero misero la società in difficoltà.

Ora, mentre il tormento di Unnia sembra concluso, si confida che la famiglia Gaiero possa restare nella gestione, sempre a fianco di Giuseppino Coppo. Con queste due «sponde» si può tirare avanti; con una sola resterebbe ardua l'impostazione finanziaria di una nuova stagione. A differenza del tambass, che é una piccola coralità legata a sette paesi, il balon é, con la Monferrina, un esemplare unico. Questa ovvia constatazione sembrerebbe individuare nello sport del pugno fasciato una debolezza maggiore rispetto al primo.

Non é così. O meglio: se l'attività pallonistica é debole, nonostante i grandi sforzi per tenerla in piedi, quella tamburellistica lo é di più perché maggiore é la stanchezza dell' ambiente.

In entrambe i casi si vive alla giornata. Ogni stagione equivale alla «nuttata che ha da passà» di Eduardo. Riusciranno entrambe a virare di boa il secolo ed il millennio? Tutti lo vogliamo, nessuno ne é certo.

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