Max Vacchetto abdica al titolo con onore: esempio di sportività

Massimo Vacchetto, 25 anni, esce dalla corsa scudetto

Il campione d’Italia in campo nonostante un infortunio. Semifinali tra Raviola-Campagno e Vacchettino-Dutto

Non ce ne vogliano Raviola e Campagno (rivali sabato dalle 15 nella prima semifinale scudetto del balòn a Cuneo) e Paolo Vacchetto (o Vacchettino) e Dutto (di fronte nell’altra sfida per le finali, domenica alle 15 a Spigno)se stavolta parleremo (quasi esclusivamente) del grande assente alle finali tricolori. Massimo Vacchetto e l’Araldica castagnolese, dopo due anni di trionfi, sono fuori da tutto. Complice una stagione maledetta, cominciata con l’infortunio alla spalla destra poi operata di Massimo durante i Mondiali dello scorso anno in Colombia (dunque con la maglia Azzurra) e finita peggio, con il guaio muscolare ad una gamba che ha impedito al campione di difendere dapprima la Coppa Italia e poi il titolo del primato in campionato.

Ora, crediamo di poterlo dire, Vacchetto sapeva dalla fine di agosto, da quando aveva sentito «tirare» il muscolo di una coscia durante la vittoriosa semifinale di Coppa Italia a Dogliani con Campagno, che era «successo» di nuovo qualcosa di grave. Una sensazione che aveva poi trovato la puntuale conferma nella finale (persa) contro Raviola.- Da quel momento anche i riscontri diagnostici avevano fornito la «prova del nove» ai suoi dubbi. La lesione c’era ed era difficilmente rimediabile. L’Araldica, che aveva rinunciato a lottare per le posizioni playoff, ha sperato in un nuovo miracolo, dopo la guarigione anticipata alla spalla. Ma stavolta il male è stato più forte della determinazione (feroce) dell’atleta. Vacchetto non ha mai voluto far sapere le sue reali condizioni. Conoscendolo un po’ forse temeva che apparisse una scusante, una «diminutio» del valore dei rivali. Lui ha il rispetto che solo i grandi hanno degli avversari, di tutti gli avversari. 
Del resto per tutta la stagione ha lottato con la rabbia del leone ferito anche contro chi diceva che non sarebbe più tornato quello di prima dopo l’infortunio alla spalla. Ha dimostrato di avere «sette vite» come i gatti. Figuriamoci se poteva lasciarsi condizionare da un «banale» strappo muscolare. Così, negli spareggi per le semifinali ha eliminato Giordano (e l’amico Corino) giocando quasi da fermo, salvo poi domenica alzare bandiera bianca contro Dutto. La sua stagione più tormentata ha coinciso anche (ora si può dire) con l’allestimento (forzoso, causa punteggi) di una squadra che è parsa inadeguata al rango di un simile talento. E lo annotiamo con la deferenza che meritano i suoi compagni, ai quali tutto può essere contestato, ma non di essersi impegnati allo spasimo. Il fatto è che in questo torneo i «punteggi» rischiano di avere la prevalenza sulle doti tecniche, perché (piaccia o meno) si è modificato al ribasso il tasso di qualità di alcune compagini (lo stesso Campagno non sembra certo disporre di un «wonder team»). Questo senza nulla togliere, sia ben chiaro , ai meriti e alla fantastica annata di Raviola e dell’altro Vacchetto. Ma, nel momento del «congedo» (sicuramente provvisorio) di Max Vacchetto dai quartieri alti del torneo, gli va reso almeno l’onore delle armi. E riconosciuta la dignità del fuoriclasse che ha lottato ad armi almeno un pochino impari contro tutti. E tutto. 

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