Il Castell’Alfero di Vigna e quel lunedì del 1968 che cambiò il tambass

Oggi Sandro Vigna, il «patron» del mitico Castell’Alfero che vinse due scudetti (1970-72) compie 85 anni. Un giorno speciale per l’imprenditore che ebbe l’intuito e il merito di assemblare una squadra formidabile con quello che sarebbe diventato uno dei più forti giocatori di sempre: Aldo Marello. Ma ecco come nacque la favola di quella squadra nel racconto e nei ricordi di di «Cerot 

“Ricordo quel giorno a Moncalvo: io ero poco noto e scesi in campo per sostituire Ermanno Besso”

Cinquant’anni sono passati da quel tardo lunedì del settembre 1968 quando a Moncalvo, sulla piazza principale, stavano terminando i festeggiamenti patronali. Naturalmente non poteva mancare il tamburello, disciplina sportiva in quel frangente in piena evoluzione sulle colline monferrine e il Comitato organizzatore aveva chiamato i migliori giocatori per una gara dimostrativa di altissima qualità. L’ospite principale del pomeriggio si chiamava Dante Ongaro, ancora fra noi, un bresciano ormai «naturalizzato» moncalvese, quasi obbligato a difendere la sua «ente» contro alcuni grandi giocatori locali. Ma all’ingresso delle squadre in campo viene notata l’assenza di un «leader» tra gli ospiti, un piccolo «genio» di quel tempo, Ermanno Besso, callianese di nascita ma ormai torinese di residenza. Si mormora di un improvviso colpo alla schiena mentre faceva esercizi preparatori nello spogliatoio. Si cercò di correre subito ai ripari cercando qualcun altro in grado di rendere per lo meno equilibrata la partita: e dopo molti e vani sforzi qualcuno fece il mio nome, allora semisconosciuto nelle alte sfere ma da poco vincitore della serie B locale con il Monale. E seguendo il consiglio del mio «sufeur», Grado, tirai fuori il mio fedele tamburello che per un «non si sa mai» portavo sempre nella borsa. Un signore che non conoscevo mi disse soltanto di non rischiare, di tenere la palla in campo, senza strafare. E così feci e grazie all’ausilio e dall’appoggio dei miei nuovi compagni pareggiammo la gara, iniziata sotto i peggiori auspici. Uscendo dal campo si riavvicinò quel «signore» che si presentò come Sandro Vigna, commerciante di bestiame in quel di Castell’Alfero, già «patron» di una formazione che in quegli anni aveva dominato nei tornei a muro del Monferrato. E proprio i «muri», dall’anno successivo sarebbero stati aboliti, per discusse e mai capite scelte tecniche. Mi salutò e senza mezzi termini chiese informazioni sulla mia vita e sulla mia condizione attuale ma senza allargarsi troppo in merito ad un mio eventuale inserimento nella SVAB, che l’anno dopo avrebbe iniziato l’avventura nel «libero». Confesso che fui preso in contropiede ma l’arrivo di un nuovo personaggio risolse la questione. Mi guardò negli occhi, poi si rivolse a Sandro dicendogli con voce dura e convincente soltanto: « Compralo».
Il Comandante Caldera, questo era il nome del nuovo arrivato, forse non riuscì a capire fino in fondo cosa aveva combinato con quell’ordine imperioso che cambiò totalmente la mia vita, dando inizio ad un sodalizio e ad una amicizia, tra me e Sandro, che avrebbe rivoluzionato il tamburello monferrino e sarebbe proseguita nel tempo a venire. Poi arrivarono Uva, e più tardi anche Mario Riva, pronti ad unirsi ai tanti campioni locali come Casalone, Caldera, Pentore ed altri, ma è giusto riconoscere la genialità e l’intuito di Vigna che ancora una volta aveva letto nel futuro, vedendo oltre le più rosee previsioni. Tutto questo è avvenuto nel 1968, cinquant’anni fa, un lunedì pomeriggio di settembre sulla piazza di Moncalvo e come scrisse qualche mese dopo Enzo Coppo sulla «La Gazzetta del Popolo» «....fu proprio in quella occasione che il tamburello monferrino divenne maggiorenne». 


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