“Berruti, dalle sfide con lui è nato il nostro mito”

Amici e rivali Massimo Berruti (a sin.) 70 compiuti il 16 marzo scorso e Felice Bertola, 74 (è nato il primo gennaio 1944 a Gottasecca): 18 scudetti in due

Pallapugno: un grande duello diventato leggenda. Felice Bertola domani alla festa dei 70 anni del rivale a Rocchetta Palafea: “ Ci siamo equivalsi”.

Insieme hanno conquistato 18 scudetti: 12 Felice (Bertola) e 6 Massimo (Berruti). Il primo è nato a Gottasecca, sui contrafforti dell’Appenino tra Cuneese e Liguria, in un giorno di guerra il primo gennaio 1944; l’altro è venuto al mondo il 16 marzo 1948 a Rocchetta Palafea, dove s’incontrano Langa e Monferrato astigiano, tra panorami incontaminati di vigne e colline. E domani il più giovane verrà festeggiato per questi primi 70 anni a Rocchetta, in una serata evento (dalle 20,30) nel salone della Pro loco, con il sindaco Giuseppe Gallo in testa a rappresentare tutto il paese. Con loro ci sarà Felice: «Non posso mancare, abbiamo diviso la nostra giovinezza sui campi di gioco» dice Bertola che lascia cadere parole come diamanti per il grande rivale: «E’ stato leale, giusto, preciso. Mai uno sgarbo da lui. La nostra rivalità è stata la forza di tutto il pallone. Siamo stati tutto per il balòn in quegli anni». E Bertola non risparmia un altro riconoscimento che gli fa ancora più onore: «E’ vero, ho vinto il doppio dei titoli di Massimo, ma io ho cominciato prima, quando lui ancora non c’era. Ci siamo equivalsi: non c’è stato uno più forte dell’altro. Siamo stati, come ha detto qualcuno, complementari. Quello che non avevo io lo metteva lui e viceversa».
Bertola poi induce a una riflessione che spiega i due personaggi: «Siamo fondamentalmente uguali, semplici nel nostro modo di essere: ma lui, artista e pittore appariva più chiuso e per questo forse aveva affascinato un certo mondo di tifosi intellettuali; io sembravo forse più l’espressione di quell’universo contadino che ci seguiva. Ma era una catalogazione sulla carta, che a me non piace. Di fatto i tifosi erano divisi a metà, un po’ per me e un po’ per lui. Ed è stato bellissimo». 
Poi annota: «Un anno, nel 1975, ci siamo sfidati per 35 volte. Adesso quando si va bene si giocano queste partite in tutto un campionato». Il ricordo più bello? «Sempre nel ’75, spareggio scudetto a Cuneo: lui avanti 8-4 e noi (Gili II, Corinotto, Nada) vincitori alla fine 11-9». Il più brutto? «Prima finale ad Alba, nel 1978 contro Monastero. Noi, con Abbate spalla, avanti 10-6 e partita in mano. Poi lui scatenato: non abbiamo più toccato il pallone. Massimo era fatto così: non mollava mai, fino all’ultimo. Quante volte l’ho maledetto allora. E quante volte l’ho ringraziato dopo. Siamo stati uguali e diversi. La nostra leggenda è nata così». 
l più brutto? «Prima finale ad Alba, nel 1978 contro Monastero. Noi, con Abbate spalla, avanti 10-6 e partita in mano. Poi lui scatenato: non abbiamo più toccato il pallone. Massimo era fatto così: non mollava mai, fino all’ultimo. Quante volte l’ho maledetto allora. E quante volte l’ho ringraziato dopo. Siamo stati uguali e diversi. La nostra leggenda è nata così». 

 

 

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