Il presidente Facchetti gioca con Malagò la partita del futuro

Da un lato le luci della ribalta, con squadre, dirigenti, tecnici, giocatori, «vecchie glorie» che affollavano il parterre del Palco 19, mentre Ivo Anselmo (collaudato conduttore degli eventi tamburellistici) chiamava a sfilare i protagonisti; dall’altro il presidente federale Edoardo Facchetti (ormai piemontese e astigiano ad honorem, lui bresciano, ma sempre presente in Monferrato ovunque si parli del suo sport) a interrogarsi su quelli che potranno essere gli scenari futuri di questa disciplina, in chiave Coni. Tra pochi giorni, Giovanni Malagò, il grande capo dello sport italiano dovrà occuparsi anche, più da vicino, delle prospettive di federazioni come tamburello e pallapugno. Fino ad ora catalogate come «discipline associate» (cioè non di prima fascia) ma comunque autonome e con pieni poteri decisionali. Tra breve, invece, dovranno per esigenze di bilancio (vedi tagli) trovarsi giocoforza una collocazione con altre federazioni più «strutturate». Il tennis per esempio (a cui guarderebbe con interesse il numero uno del balòn, il parlamentare ed ex ministro Enrico Costa). La Federtamburello, oltre al tennis, starebbe pensando anche al badminton, con meno tesserati, ma con «dignità» olimpica. Si studia ogni opzione, con una doppia linea guida: una per il tamburello che guarda al futuro, ai giovani nelle scuole, alle spiagge (il tambeach), alle sfide internazionali, al coinvolgimento di grandi sponsor (vedi l’accordo con Decathlon); l’altra strada è quella storica, con la cura del «giardino della tradizione» di cui il torneo a muro fa parte. La grande sfida di Facchetti e del suo staff è questa: procedere col rinnovamento, senza perdere di vista le «radici». Facchetti ha mostrato in questo anno da presidente di «avere la stoffa»: ma il «movimento» ha capito che razza di svolta epocale sta per affrontare? E che l’unione conta più delle parole?