Tutti assolti per il muro consolidato allo sferisterio a Montezemolo

Lo sferisterio che voleva diventare lo stadio del «balon» più importante di tutto il Nord. Il processo si è concluso ieri al Tribunale di Cuneo

Tutti assolti i tre imputati a giudizio per vicende legate allo sferisterio, mai costruito, di Montezemolo. Sotto accusa, davanti al tribunale di Cuneo, per peculato e abuso d’ufficio, c’erano Gian Carlo Rossi, sindaco di Viola ed ex presidente della Comunità montana Alto Tanaro Cebano Monregalese e due funzionari dell’allora ente montano, Giampietro Rubino e Gino Ferraris. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a 6 anni di Rubino e l’assoluzione degli altri due «perché non avevano piena consapevolezza della vicenda».

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Nel 2003 iniziarono i lavori di quello che doveva diventare lo stadio della pallapugno del Nord Italia. Nel 2006 crollò il muro principale, alto 20 metri. Venne ricostruito ma, poco dopo, la ditta appaltatrice Zoppi chiuse. Prima del crollo nella struttura erano stati investiti 550 mila euro. Dopo, 600 mila. 
Alla base della questione sta il fatto che, dopo il crollo, in una causa civile tra la ditta Zoppi, la Comunità montana e il progettista (poi deceduto), si chiarì che la responsabilità era di quest’ultimo e la sua assicurazione, in un accordo di transazione, pagò 600 mila euro. Secondo la Procura la somma sarebbe dovuta finire nelle casse della Comunità montana. I vertici dell’ente, invece, basandosi su «un’autorevole consulenza legale», la girarono direttamente alla Zoppi (in termini tecnici fu una «cessione del credito») perché si occupasse immediatamente e con urgenza delle cosiddette opere rimediali. In altri termini, mettesse in sicurezza la zona. Fin dalle indagini preliminari il difensore dei tre imputati, l’avvocato Roberto Ponzio, ha sostenuto che quel denaro servì per pagare le opere rimediali e non lavori extra non previsti dal contratto.

In arringa
Ha ricostruito il contesto: «La Comunità, dopo il crollo, ricevette una lettera della ditta Zoppi in cui quest’ultima diceva che c’era un potenziale pericolo sulla stabilità delle opere rimaste in piedi soprattutto per le case sottostanti». Ponzio ha ricordato che «in quel momento la situazione era drammatica e occorreva agire con urgenza. «Queste tre persone - ha continuato - sono state processate per aver in realtà risolto il problema. Se, invece, ci fosse stato il morto? Avrebbero dovuto rispondere di omicidio proprio per non essere riusciti a rimediare in fretta al pericolo. L’ipotesi accusatoria sin dall’inizio era priva di ogni fondamento». 

Con l’assoluzione niente risarcimento per il Comune di Montezemolo, che si era costituito parte civile nonostante l’opposizione della controparte che, in giudizio, ha prodotto un documento in cui l’allora sindaco Secondo Robaldo dava il via libera all’operazione.

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