A Castagnole si festeggia uno scudetto mai così sofferto

Trionfo dell’Araldica nella finale di ritorno a Canale, deciso all’ultimo “15”.

La saga dei Vacchetto. Il padre Giorgio sorride con il campione

Tutto in un «15»: quello infinito che ha separato Massimo Vacchetto e l’Araldica Castagnolese dai grandi rivali della Canalese Torronalba di Bruno Campagno nell’ultimo decisivo frammento della partita scudetto. La differenza tra un sogno e è una delusione è spesso minima, persin atroce nella sua dinamica. Lo sport - e la pallapugno non fa eccezione - spesso è lo specchio della vita. Da un lato la gioia dei bi-campioni d’Italia astigiani (quarta volta per Vacchetto, come un Hamilton della Formula Uno) e dall’altro la disperazione degli sconfitti. 
Una sfida così (11-10 con il 40 pari decisivo sul 10-10) può essere decisa da un episodio o dal caso. Ma se la palla, anzi il pallone che vale tutto, arriva al miglior terzino sulla piazza, Lorenzo Bolla, allora il fato non c’entra: ci vuole classe. E uno come Bolla «non può sbagliare» la giocata della vita.

Eroi, ma non per caso
In questa vittoria castagnolese il gruppo è stato dunque ancora una volta decisivo, perchè il campionissimo dell’Araldica sabato a Canale ha sofferto ancora di crampi. E i suoi compagni sono stati superlativi, ognuno per la parte di rispettiva competenza (sensz dimenticare il dt Gianni Rigo, vecchia «volpe» della panchina): da Gianluca Busca, poi uscito per infortunio a quel talento di agilità di tempismo che è l’altro terzino Lele Prandi. Per finire a Alessio Monzeglio, il tamburellista di Vignale che in questo mondo del balòn sembra quasi un «parvenu» e invece, quando è stato buttato nella mischia di una finale scudetto, ha dimostrato che l’attitudine alle sfide di alto livello sono parte del suo patrimonio di campione. Monzeglio non si è nascosto, alternando giocate strepitose a errori di posizione che sono naturali in uno che ha giocato pochissimo al balòn. 

La grandezza del mito
Il resto lo ha fatto il «fenomeno» Vacchetto: era menomato ed è sembrato più volte vicino alla resa. Eppure ha tirato fuori da chissà dove le energie per restare aggrappato alla partita. Ha una classe che scaturisce dal magico mondo dei predestinati. Il suo gioco non è mai banale, anche quando soffre. Anzi stavolta la sfida ha dato una nuova dimensione alla sua grandezza di atleta e di campione. Vacchetto non è «solo» un fuoriclasse. Ha la bellezza del mistero. 

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