L’indiano che con il balòn diventa un po’ piemontese

“Ad Asti, grazie allo sport, mi sento come a casa”

Gurcarn Das Gian, 19 anni, gioca nel Bubbio (Asti) serie A

Questa è la storia di Gurcarn Das Gian (Gian è il cognome) ma per tutti «Cianni», 19 anni, primo giocatore di origine indiana a calcare i campi di uno sferisterio nella serie A di pallapugno, detto anche «balòn»: uno sport che ha la sua massima diffusione in quella sorta di «enclave» che abbraccia Langhe, Roero, Monferrato e la Liguria di Ponente. Due mondi che s’incontrano: il figlio di una coppia venuta dal Punjab (il padre, che non c’è più, stalliere, aveva lavorato anche al «Circo Orfei» e la mamma casalinga, con altri cinque figli) cresciuto in un paese minuscolo della Langa astigiana (Mombaldone) e ora residente a un tiro di schioppo (Spigno, nell’Acquese). E che ha trovato nel balòn il perfetto punto di incontro per «sentirsi subito come a casa». «Si parla tanto di integrazione, immigrazione, intolleranza, odi razziali: non so se io sia stato particolarmente fortunato o che cos’altro, ma qui, in questi paesi dove si vive di agricoltura e turismo, a 50 chilometri dal mare, in una terra bellissima di vigne e boschi, io non mi sono mai sentito diverso. Mi hanno sempre accolto come uno di loro» dice «Cianni», in un italiano forbito: non a caso è stato promosso in quinta periti, ad Acqui, con la media dell’otto.  

L’esordio
Ha già debuttato con il Bubbio, in A, sul campo di Monastero Bormida (Asti) dove la squadra del patron, Gianpaolo Bianchi (imprenditore navale a Genova, ma nativo di Bubbio) disputa le partite casalinghe. «Mi avevano provato in un torneo e poi il tecnico ligure Giulio Ghigliazza mi ha buttato nella mischia come terzino, in prima squadra» spiega con orgoglio. La notizia di un indiano che gioca al balòn, sport dalle salde radici contadine e dalle regole non sempre di facile comprensione, ha fatto il giro dei paesi. Anche se da queste parti sono già abituati ad inserimenti di giocatori non «indigeni». Lo scorso anno, a Castagnole Lanze, la formazione sponsorizzata dall’Araldica (una grande azienda vinicola) guidata dal campione d’Italia Massimo Vacchetto, ha schierato tra le sue fila anche un terzino, El Khara, origini arabe che ora fa l’imprenditore (ramo gelati a Dubai) e che parla correntemente tre lingue: arabo, inglese, italiano, ma in campo imprecava in perfetto dialetto piemontese. «Io invece il piemontese lo capisco ma non lo parlo - sottolinea “Cianni” -, anche perchè nell’Acquese si dice in un modo, in Langa in un altro, nel Monferrato in un altro ancora. Allora mi limito a dire quello che penso in italiano. Ma in campo è meglio giocare più che parlare».
E il balòn? «E’ la mia passione. Qui si parla solo di pallone, ma non inteso come calcio che pure ho praticato come attaccante nella squadra di Bistagno. Il pallone è quello che qui ci raccontano anche a scuola»: il balòn celebrato da scrittori come Pavese, Fenoglio, Arpino. Quello delle grandi rivalità tra Manzo e Balestra e poi Bertola e Berruti. E ora di Vacchetto e Campagno, le due stelle del momento, che stasera si affrontano a Ceva nella finale di Coppa Italia. «Cianni», il ragazzo venuto dall’India, sorride: «Forse non sarò mai un campione come loro, ma già gioco con Roberto Corino, un altro dei grandi di questo sport. E mi basta». 

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