Araldica, la festa dei campioni dedicata ai fratelli Vacchetto

Il padre Giorgio: "Quando giocano contro vorrei non esserci. E faccio il tifo per tanti giovani"

Tagliatelle e balòn, tifo e racconti, divertimento e lotteria (intesa come estrazioni di gadget per i 135 invitati). Tutto nel segno della tradizione. Come si conviene ad una serata speciale (alle 20), in un locale, una trattoria, che porta un nome evocativo: «Trifula bianca» a Vezza d’Alba.

Con uno sponsor altrettanto unico, l’Araldica vini di Claudio Manera, che collega un territorio (colline, vigne, grandi cru) da Castagnole Lanze (paese neo scudettato) a Spigno, Monferrato Acquese, sul podio della classifica pallonistica.
Con due fratelli, anzi fratelloni, protagonisti: Massimo, 23 anni, già tre volte Tricolore e a suo modo un veterano (portacolori di Castagnole) e Paolo (leader di spigno), 20, l’emergente, il rivale che potrebbe scalare la vetta.
Ad unirli e anche un po’ ad accudirli, il padre Giorgio, 52, titolare di un’azienda informatica, la «Package» con sedi ad Asti (via Conte Verde) e Alba, che ha vinto in carriera quattro scudetti di B e anche un Mondiale a squadre con l’Italia nel 2004 ed è arrivato tre volte in finale nella massima categoria . Ma nulla in confronto a quello che hanno già fatto i figli, in particolare Massimo. 

Vacchetto (Giorgio), lei allena Paolo a Spigno. Allora tifa per lui adesso......
«Lo sanno tutti: quando Massimo e Paolo sono rivali io vorrei non esserci. Non posso mancare perchè me lo impone il regolamento, ma in quelle occasioni io è come vivessi da un’altra parte...»

Come sono due figli così?
«Come tutti i giovani: Massimo protettivo nei confronti di Paolo e l’altro che non soffre il complesso di sentirsi dire qualche volta “Ah, ma sei il fratello di Massimo”. Certo sono diversi: Massimo meticoloso, Paolo più caciarone, allegro. Il primo più tecnico, già affermato, il secondo che potrebbe diventare un tipo alla Campagno, potente, debordante».

Quanto è mancata la sfida in finale, quest’anno, contro Campagno?
«Deve credermi se dico che ho sperato, sinceramente, che Bruno si riprendesse in tempo dopo l’infortunio per potersi giocare tutto nelle finali. Lui e mio figlio stanno reggendo una pressione anche psicologica enorme, da alcuni anni. Sono, non voglio apparire presuntuoso, dei campioni veri. Ma dietro di loro stanno emergendo altri giovani, dallo stesso Raviola, grande finalista, a Marcarino, l’ultimo arrivato in A. Non faccio classifiche ma tifo per tutti loro, perchè il bene della pallapugno passa anche attraverso un estremo equilibrio e ragazzi emergenti che sappiano rendere ogni sfida incerta, avvincente. Anzi, le dirò di più...»

Dica...
«Stiamo cercando di portare avanti il progetto di un’associazione che si potrebbe chiamare “Accademia della pallapugno” per formare i tecnici del futuro, quelli alla Rigo per intenderci, che possono insegnare tanto ai ragazzi. Sarà un’associazione perchè così potremo aggirare, in senso buono, alcune restrizioni imposte alla Federazione dal Coni».

L’amicizia con Pier Paolo Voglino?
«Siamo come fratelli. Ed è lui che ci ha traghettati verso Castagnole Lanze e Spigno».

L’Araldica?
«Una grande azienda, ma prima di tutto una grande famiglia, con un imprenditore, Claudio Manera che ha capito come si lega un territorio ad uno sport che lo rappresenta. È una manna caduta dal cielo, un privilegio raro avere uno sponsor così. E speriamo che altri seguano il suo esempio non solo in fatto di organizzazione, ma anche per la capacità di valorizzare la tipicità di questi paesi».

Carlin Petrini (Slow Food») ieri dalle colonne de «La Stampa» ha sottolineato e difeso il ruolo di un’istituzione come lo sferisterio «Mermet» di Alba, ora chiuso. Lei che cosa ne pensa?
«Che non si può rinunciare nel balon ad una piazza come Alba. E il Mermet chiuso è un’eresia. Suona come un’offesa a chi ama questo sport ma anche la storia e la cultura di un popolo, di una terra».

Lei è un maestro di fair play. È anche per questo che i suoi figli sono diventati così bravi?
«In famiglia abbiamo sempre mangiato pane e pallone: ma i campioni nascono per caso. I figli invece vanno seguiti e amati, poi quello che viene (agonisticamente) lo decide il campo».

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