Santero, il “signor 9.5.8” sponsor con le bollicine

“Dal calcio al volley: ma investiamo soprattutto sui giovani”

Gianfranco Santero non ha avuto bisogno di presentazioni quando si è seduto in cattedra nell’aula dell’Apro, l’agenzia di formazione lavoro canellese. È bastato mostrare una bottiglia di «9.5.8» - lo «spumante bianco dry» fruttato lanciato dagli spot televisivi, dal grande calcio alla MotoGP e che campeggia sulle maglie di centinaia di atleti di svariate discipline - per far capire a tutti di che cosa di parlasse. Un successo, mediatico, ma anche e soprattutto commerciale, il suo, legato anche a questo marchio.
Santero, 50 anni, sanstostefanese doc, che guida con la famiglia un piccolo impero vinicolo da 55 milioni di fatturato e 20 milioni di bottiglie, ha fatto una scelta che non è unicamente business.

Perchè investire sullo sport?
«Perchè il “9.5.8” è un prodotto giovane che si rivolge in primis ai giovani, ma non solo. Abbiamo un po’ rivoluzionato il mercato cercando di proporci in un modo che arrivasse a toccare una platea vasta di potenziali acquirenti. Del resto fa parte della nostra filosofia: ragazzi e famiglie legate al concetto di salute, di voglia di vivere, di guardare al futuro, di scoprire nuovi orizzonti. Quale miglior veicolo dello sport?»

Con le sponsorizzazioni spaziate dal grande calcio fino al balòn...
«Guardi, quella della pallapugno è una scelta di cuore, perchè le mie radici sono tra queste colline e il balòn - come ha già ricordato anche Dindo Capello, campione dei motori e santostefanese come me - fa parte della nostra tradizione. E poi conta l’amicizia con un presidente di società come Fabrizio Cocino. Non potevo certo dirgli di no, alla vigilia di una stagione che con l’ingaggio di Massimo Marcarino in A sarà cruciale».

La vostra azienda - diceva - diversifica molto sul piano promozionale...
«Ripeto, siamo presenti da sponsor in tante discipline: dall’ Asti calcio all’Hasta volley, ai rally, al ciclismo con Diego rosa, campione cuneese dell’ Astana che passerà alla Sky. E seguiamo anche l’universo dello sport disabile. Non è solo business, quando uno entra in questi mondi, si accorge una volta di più che contano il cuore, i sentimenti. Un po’ come questo nostro vino che sa regalare emozioni speciali».

Voi siete produttori di Moscato e vinificatori. In un momento in cui si parla di crisi dello spumante, avete puntato sulle bollicine per farle diventare un brand sempre più internazionale.
«Si tratta di saper capire dove va il mercato, che cosa vogliono in consumatori, restando sempre in una fascia di qualità alta. Io penso che il modello a cui tendere sia quello - tanto per non fare nomi - di una griffe come Vuitton. Ovunque uno vada in giro per il mondo sa che trova punti vendita con quel prodotto, con quelle caratteristiche, con quelle peculiarità. Io sono testimone dei sacrifici che hanno fatto in famiglia per avviare e lanciare questa azienda, nata appunto nel 1958. Ma ad un certo punto abbiamo pensato che dovevamo guardare oltre».

A chi si è ispirato?
«Nel modo di fare marketing agli americani, ma anche nello sport e nei suoi campioni ci sono modelli motivazionali di riferimento. Ho volato per esempio qualche volta in elicottero con un pilota come Vettel e parlando con lui ho capito una volta di più come e perchè si arriva al top: con la motivazione, la determinazione, il coraggio, anche la fantasia. Le stesse qualità che chiediamo ai nostri collaboratori in azienda».
Lei fa sport?
«Ho giocato un po’ a tennis, provato con la bici. Ma non ho tempo. Seguo il calcio, tifo (moderatamente) Juventus, ammiro Urbano Cairo. Di recente siamo stati a cena io e il mio amico Cocino (granata sfegatato) con l’allenatore del Toro Mihailovic. Un bella serata, intensa, che mi ha arricchito anche umanamente. Ogni volta di più penso che lo sport ha dei valori da trasmettere anche a chi non lo pratica. E poi....»

Dica...
«Società organizzate ad alto livello come quelle del calcio insegnano che nulla viene per caso. Se la Juve in pochi anni moltiplica i fatturati e il Toro con uno come Cairo scala le posizioni, non solo nella classifica del campionato, vuol dire che dietro c’è un lavoro certosino, di chi costruisce il futuro mattone dopo mattone. Del resto i fenomeni, anche nello sport, sono rarissimi. Tranne uno...»

Chi?
«Maradona, l’unico che poteva permettersi tutto e il contrario di tutto, calcisticamente parlando. Chissà che non capiti l’occasione di fare anche un brindisi con lui, con un calice di 9.5.8».

L’imprenditore ai ragazzi “Credeteci”

(di Riccardo Coletti) Gianfranco Santero, 50 anni «Perché “958”? Era il codice del cancello per entrare in cantina a Santo Stefano Belbo». Si racconta con ironia Gianfranco Santero, il patron della Santero Wine che in meno di 3 anni ha trasformato una bollicina piemontese in un fenomeno mediatico. 
A Canelli è ospite della Apro, l’agenzia di formazione che avvia al lavoro centinaia di ragazzi del Sud Astigiano. «In America avevo visto vino, o prodotti, con un nome in numeri – svela – mi piaceva l’idea ed ecco il “958”». L’evoluzione della Santero Wine inizia 15 anni fa. «Quando mi rendo conto che si deve dare valore aggiunti al vino. Al “prodotto” bottiglia». Il lavoro è tanto di marketing quanto di packaging. «Lavoriamo sulla forma delle bottiglie perché il mio Asti o il mio Moscato dovevano essere unici». L’idea funziona ed il mercato a Stelle e Strisce vuole i sui prodotti. «Noi lavoriamo all’80% con l’estero siamo la prima azienda per export verso il Giappone, ma volevo un prodotto per l’Italia». «Ho trovato una brava painter, la Pupazza di Milano, e dal suo estro sono nate le livree». Poi la pubblicità. «Un po’ fuori dagli schemi che ha fatto di questo vino un fenomeno mediatico». Ma la lezione di Santero è un’altra. «Serve fame per ottenere risultati Serve voglia di voler emergere. Ragazzi, credeteci».

Per Santero un piccolo cameo anche nel tamburello con la Pro loco Montechiaro di serie B muro grazie ai buoni uffici di Davide Magnone. In foto la festa finale del celebre derby di andata Pro loco - Rilate 18-18 con brindisi a 9.5.8 accompagnato dalle celebri torte della pasticceria F.lli Panzini di Montechiaro d'Asti (via Roma, 45).

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