“Addio alla piazza di Bubbio ma la A non poteva aspettare”

Giampaolo Bianchi fa il punto sulla nuova stagione e l’arrivo di Corino

Per la prima volta nella sua storia la So­cietà sportiva pallonistica ha conquistato il diritto a giocare in serie A. Giampaolo Bianchi, origini bubbiesi per il nonno e la mamma, im­prenditore nel campo marittimo a Genova, ne è stato per molti anni il presidente. Adesso lui stesso ama solo definirsi il primo tifoso. Sicuramente si deve principalmente a lui la presenza, in paese, di una squadra di pallapugno che ha scalato progressivamente, ma costantemente, la partecipazione ai campionati federali. 

Bianchi, finalmente la serie A

«Dopo due anni di C 2, un anno di C 1 e tredici di B ci siamo decisi di fare il grande passo nella serie A, ma solo dopo averne ma­turato il diritto sul campo».

Giocherete a Monastero Bormida?

«Sì. I nostri amici si sono mostrati più che disponibili ad ospitarci nel loro sferisterio e noi li ringraziamo e spe­riamo di portare, per ogni partita, un bel numero di spettatori».

Quindi, abbandonate la piazza del Pallone di Bubbio?

«Purtroppo sì, ma è un tasto dolente. Sedici anni fa eravamo partiti con l’idea di portare la pallapugno sulla piazza del Pallone. Per sedici anni lì abbiamo giocato con buon apporto di pubblico. Più di una volta abbiamo tentato di convincere la Federazione a farci giocare la A, anche effettuando alcune costose modifiche alla piazza, ma abbiamo sempre ricevuto una non risposta. Io capisco che le altre squadre non gradiscano giocare sulla piazza del Pallone, anche se devo dire che le squadre più forti qui hanno quasi sem­pre vinto. A mio av­viso la Federazione dovrebbe aiutare la palla­pugno in ogni sua manife­stazione: piazza o non piazza. La piazza del Pallone vi ha visto giocare Rossi, Manzo, Balestra per non parlare dei Trin­chero. Vi ho giocato anch’io, e voglio ricordare anche un giocatore di seconda categoria, Undorte di Vesime, che io osservavo da ragazzino e dal quale ho attinto molto».

Si dice che avete abbandonato Marcarino...

«Abbandonato non è la parola giusta. Marcarino è stato con noi tre anni, che sono stati stupendi e di grandi soddisfazioni. Prima che gran giocatore è anche un uomo vero, al giorno d’oggi non tanti si possono fregiare di questa definizione, e ha una famiglia di prim’ordine. Il papà, che lo ha sempre seguito e certamente conti­nuerà a seguirlo, mi mancherà molto. Comunque so che andrà a gio­care a Santo Stefano Belbo, in una grande società, su un prestigioso sferi­sterio con uno sponsor quale Santero, quindi, ha tutti gli “atout” per fare un buon campionato e io sono il suo primo tifoso ad augurar­glielo. Arrivederci Massimo, tu sei giovane e speriamo che si ripresenti l’occasione per tornare con noi a Bubbio». 

La scelta di puntare su Corino ha stupito tutti.

«Corino non lo devo presentare certo io. Lui è stato lasciato libero da Santo Stefano Belbo e noi abbiamo pensato che con Corino la nostra squadra avrebbe fatto quel famoso salto di qualità che in fondo in fondo tutti desideravamo. Conoscevo Corino come giocatore avendolo visto giocare tante volte, ma mai gli avevo parlato. Nell’incontro avuto con lui e nelle seguenti conversazioni telefoniche ho avuto una buona impressione e sono convinto che insieme potremo fare un buon per­corso, che non si limiti a una sola stagione». 

Concludendo...

«Forza Bubbio, forza pallapugno. Sport, o gioco se lo preferite, che ahimè ho potuto praticare solo da ragazzo, ma che mi è rimasto nel sangue e nel cuore». 

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