«Ciao, mitico Bomba. Eri tu il più forte...»

L'Arena STORIE DI SPORT. Il miglior battitore di sempre

La Nazionale Italiana a Pezenas (Francia). Aldo Marello, Flavio Bertagnoli, Renzo Tommasi, Celestino Corradini, Carlo Ballarini 

Sotto: Renzo Artuffo, Tore Biasi, Luigi Pagani.

Il tamburello veronese sta ancora metabolizzando il dolore. Flavio Bertagnoli si è spento ad inizio giugno 2014. Classe 1956, è stato uno dei tanti talenti sfornati negli anni 70'-80' dalla Corte Salvi di San Massimo. Società dei miracoli del tamburello scaligero. Una piccola realtà capace di giungere allo scudetto nel lontano 1968. Una singolare borgata di 50 abitazioni dove il tamburello scandiva i ritmi della quotidianità. Ogni ragazzo del quartiere all'epoca si cimentava nella disciplina. Desideroso di ripetere le gesta di parenti e fratelli maggiori. Flavio, in tal senso, però è stato esempio atipico. Un genio del gioco con lampi di sregolatezza. Un talento indiscutibile con le bizze dell'artista. Un braccio potente e micidiale con un solo limite.

Quale?  «Flavio non amava l'allenamento», è il primo ricordo del veronese Renzo Tommasi, leggenda del tamburello italiano con 20 scudetti vinti e amico di Flavio sin dall'infanzia ai Salvi. «Questo probabilmente è stato il suo unico difetto durante l'intera carriera. Anche se il suo talento è sempre stato straordinario. La potenza del suo braccio era incredibile: sin da ragazzo ha sempre avuto un semplice soprannome: “Bomba”. Le sue palline erano le più veloci probabilmente a livello italiano. Un battitore speciale. Un artista del gioco». Un inventore, a suo modo, pure di nuove prospettive. Un creatore di angolature e geometrie sugli sferisteri italiani. A Flavio Bertagnoli, infatti, si deve l'introduzione della battuta ad effetto nelle partite di tamburello. «Sono certo di questo», assicura Tore Biasi, altro celebre tamburellista veronese colonna del miracolo Corte Salvi. «A Flavio questa novità era riuscita quasi per caso. Un gesto secco che poi è diventato il suo marchio di fabbrica. Ancora me lo ricordo quel colpo. Flavio aveva realmente un grande talento». 


Una classe cristallina accompagnata pure da una contagiosa carica umana. In merito si potrebbero elencare innumerevoli episodi. «Potremmo veramente realizzare un romanzo», scherza Tore Biasi, compagno di Bertagnoli in Serie A ad inizio anni 80'. «L'episodio stampato nella mia memoria, ad esempio, risale al 1981. Quando io e Flavio con la maglia della Corte Salvi stavamo rincorrendo uno storico secondo scudetto per la borgata. La rincorsa stava pure andando a buon fine. Peccato però che negli ultimi turni scivolammo su uno degli ostacoli più semplici. Il motivo? Un temporale che rinviò il normale inizio di una partita di qualche ora. In quel lasso di tempo però tutta la squadra si rifugiò in una trattoria e quella sosta non ci fu assolutamente di aiuto. In campo poi i risultati furono sicuramente rivedibili. A fine giornata perciò abbandonammo il sogno tricolore, con i relativi rimpianti. L'unico che comunque provò a mantenere alto il morale della truppa fu proprio Flavio. Ricordo ancora le sue parole, in dialetto: “Però in trattoria ci siamo divertiti"… e giù una fragorosa risata di tutti noi».

Un dono per la risata e per il sorriso che ha accompagnato Flavio sino agli ultimi giorni della sua malattia. Renzo Tommasi e Tore Biasi lo vogliono giustamente ricordare così. «Era un uomo solare e metteva tutti a proprio agio», la loro conclusione. 
«Con noi ha sorriso fino alla fine. L'ultima volta lo abbiamo visto lo scorso dicembre. Lo abbiamo punzecchiato dicendogli che non era il miglior battitore di sempre. Lui ha reagito con la sua solita ironia. E' stato un siparietto divertente. Dispiace aver perso un grande amico. Ciao Bomba ….». 

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