Bonanate: “Palline, preparazione atletica, organizzazione: ecco perchè bisogna cambiare il tamburello”

Beppe Bonanate, 57 anni, 7 volte campione d’Italia di tamburello (Ovada, Marmirolo, poi 5 titoli a Castelferro), originario di Montechiaro, ora imprenditore nel ramo informatico, è uno di quei (rari) fuoriclasse che non parlano mai in prima persona.

Difficile sentirlo dire: «Ah quando giocavo io, ai nostri tempi era più bello...» e via discorrendo con il «prontuario» del perfetto ex. Ma stavolta fa un’eccezione alla regola, offrendo alcune pillole di una sua personale ricetta per il rilancio di questo sport, a poche settimane dall’apertura della campagna elettorale per la successione a Emilio Crosato alla presidenza della Federazione.

Bonanate, le piace questo tamburello?

«Premesso che non mi candido e che considero questo il gioco più bello del mondo, troppe cose non tornano...»

A che cosa si riferisce?

«Parto dal gioco: da anni ormai si privilegiano il difensivismo e il recupero, all’attacco, alla potenza. Il risultato: partite sempre più lunghe e spettacolo (quasi) inesistente».

Rimedi?

«Sono stato anche consigliere federale in passato e ho sentito proposte di ogni tipo. Io ne faccio una...»

Quale?

«Una pallina che risulti più veloce e ficcante, anche più imprevedibile di quella attuale: un paio di anni fa ho giocato in allenamento con i campioni del Callianetto. Nessuno credo si sia accorto che avevo 56 anni..».

Bravo lei...

«No, non sono un fenomeno di longevità. Solo, con questo gioco, basta essere mediamente tecnico e il più è fatto».

E poi?

«La preparazione dei giocatori: si dice che sia migliorata rispetto ad una volta. Ma sfido a trovare uno che si prepari adesso come faceva per esempio Renzo Tommasi. Allora giocavamo tutti i giorni. Adesso si allenano una volta a settimana con la squadra. E si parla spesso del ruolo del terzini, sempre più decisivi: qualcuno dice che siano meglio di un tempo. A parte il fatto che quelli bravi sono sempre gli stessi da decenni (un nome per tutti: Cavagna), io dico che una volta il terzino sulla riga non sarebbe esistito: semplicemente perchè avrebbe rischiato la vita per la potenza dei colpi avversari. Ricordo per esempio, che con me a Ovada, a fare il terzino, c’era un certo Piero Chiesa. Chi lo conosce sa quale colpo devastante avesse, chi è giovane provi a informarsi».

L’organizzazione?

«Un campionato di A1 e uno di A2 a 8 squadre ciascuno e uno di B su base regionale per far crescere i giovani e ridurre i costi».

Le società?

«Vanno tutelate e supportate e i dirigenti educati al rispetto delle regole. Ma, soprattutto, va fatta una vera politica giovanile, che preveda un inserimento graduale ma fattivo dei ragazzi nei campionati».

Per esempio?

«La creazione di stage, affidato alle società stesse, come abbiamo fatto e stiamo facendo al Rilate, con tanti ragazzi che arrivano anche da fuori Piemonte. I cosiddetti “tambucamp”».

La Federazione?

«Lasci più autonomia ai club (che non servono solo quando si vota). Una volta, ad agosto in primis, si facevano questi grandi tornei nei paesi, anche e soprattutto a muro, con i giocatori dell’Open. Era uno straordinario momento di confronto e di promozione per il nostro sport. Adesso è tutto monopolizzato dalla Federazione e non c’è più spazio per le individualità anche organizzative. E poi...»

E poi?

«Ci sono l’indoor e il movimento femminile su cui la presidenza Crosato - va detto - ha investito in questi anni. Ma il movimento dell’indoor, per esempio, resta confinato alla scuola o poco più. Mentre invece potrebbe avere una sua valenza, come ce l’ha il badminton, ad esempio. In definitiva; c’è tanto da lavorare».

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