Il tamburello mi parlava

Uno dei contributi più attesi quello di Pino Olivieri (ben sostenuto dalla moglie Vitalja) protagonista di Siaulai, Gignac, Etnomir Moscow tutti eventi di cui si è parlato molto ed invisi ai tradizionalisti.

Nel tranquillo mondo del tambass ha fatto saltare molti schemi portando il tamburello in territori e dimensioni inesplorate come alle "nostre" Olimpiadi quelle dei giochi tradizioni e portando due nazioni (e che nazioni!) ai "fortunati" Mondiali indoor. Di un  attivismo contagioso che andrebbe ogni tanto frenato come disse il presidente Crosato, sempre protagonista anche in loco soprattutto nel terzo tempo, per citarne alcuni quando riportò il tambass a San Damiano, nelle domenica mattine di Moncalvo e mattatore a Noarna nella notte magica del Cinaglio.

E' uno dei protagonisti anche in un altro racconto "quel signore piemontese di mezza età con moglie straniera"


FIPT - QUESTO AMORE DI TAMBURELLO

È il 1991 quando, poco più che ventenne, decido di non giocare più a tamburello: una scelta sofferta, ma convinta, dopo qualche anno di militanza in dignitose società.

Per 20 anni continuo a “leggere di tamburello” con un po’ di malinconia al circolo del paese e, in vacanza in giro per l’Europa, a misurare a passi piazze e spazi pubblici cercando di ricavare un “80 per 20” sotto lo sguardo perplesso degli amici.

Nel 2010 una doppia svolta alla mia vita: sposo una ragazza di Siauliai, sperduta cittadina nel nord della Lituania e faccio pace con il tamburello ricominciando a giocare con la voglia di riassaporare le emozioni dei vent'anni.

Le competizioni “a muro” mi portano così a giocare nei centri dei nostri paesini del Monferrato accompagnato da mia moglie che, insieme ai panorami e all’arte della nostra terra Astigiana, scopre anche questo meraviglioso sport. È proprio tornando a Siauliai con mia moglie per una vacanza che porto qualche tamburello e inizio a palleggiare per scherzo con amici lituani.

Nel dicembre 2011 conosco Emilio Crosato, il nostro Presidente. È lui, saputo di queste mie trasferte famigliari in Lituania, a dirmi che in luglio, proprio a Siauliai si sarebbero svolte “The 5th TAFISA WORLD SPORT for All Games” ossia le “V° Olimpiadi dei Giochi Tradizionali”.

Al momento registro la cosa come nota di cronaca senza rendermi conto di quanto mi stava per succedere.

Gli eventi che seguirono mi travolsero.

Qualche mese dopo, con il Presidente Crosato, la FIPT, la fondamentale collaborazione di mia moglie e soprattutto entusiasmo e incoscienza da vendere organizzai la trasferta del tamburello italiano a Siauliai e, cosa ancora più incredibile, partecipai a questo appuntamento internazionale con la Nazionale Italiana di Tamburello indossando una maglia ufficiale, quella azzurra!

Che Siauliai fosse considerata in Lituania una città “benedetta” lo sapevo, ma che proprio a me toccasse lì, nella città di mia moglie, spiegare al mondo (sì, al mondo!) cosa fosse e come si giocasse questo sport, nell’anno in cui avevo ripreso a giocare, mi fece pensare che... “il tamburello mi parlava!”.

Come al solito mi misi a misurare a passi piazze e spazi pubblici di Siauliai per ricavarne un “80 per 20”, ma questa volta con uno scopo preciso. Poi iniziarono le esibizioni di gioco, i meeting, le interviste e un frenetico lavoro di propaganda del nostro sport... fu così che finii in quella grande sala. Una sala che non dimenticherò più: gremita di personalità politiche e sportive provenienti da ogni parte del globo.

Toccava a me presentare il tamburello: indossavo la divisa Olimpica, quella di Pechino 2008 e per quelle persone che, con le cuffie della traduzione simultanea ben calcate in capo, stavano per ascoltarmi rappresentavo certo il Tamburello, la Federazione, il Coni, ma soprattutto l'Italia. Le gambe mi tremavano, sentivo una responsabilità fortissima, non dovevo sbagliare, occorreva essere all’altezza della situazione, senza se e senza ma.

Su quel palco ci sono salito e ho gridato con passione quanto bello è il nostro sport e quanto è sport il nostro tamburello, prendendo tutta l'energia che avevo da quei venti anni di silenzio!

Improvviso e inaspettato si levò un applauso, forte, vivo, convinto... con l’intera delegazione giapponese a complimentarsi in piedi: il tamburello era nel mondo e “PARLAVA” forte e chiaro.

Ma il tamburello aveva parlato anche a me, dopo 20 anni avevo di nuovo sentito la sua voce, che non era solo il “toc - toc” della domenica, ma era una voce carica di ricordi, di emozioni sempre nuove e inaspettate.

Il tamburello non aveva ancora finito “il suo discorso”: quella “benedizione di Siauliai” me la portai dietro fino a settembre, quando inaspettatamente arrivò una chiamata che mi gelò il sangue. Fui convocato al primo mondiale ufficiale di tamburello che si sarebbe svolto a Gignac, Francia.

Dovevo essere l'ultima delle riserve, il decimo o forse l'undicesimo... insomma facevo numero, ma ero autorizzato a indossare nuovamente e questa volta in una competizione (e che competizione!) la maglia azzurra.

Anche in questa occasione arrivò inesorabile un momento della verità: immobile sul campo a fianco dei miei compagni, qualche secondo e poi l'inno partì... ma le note dell’inno non mi impedirono di sentire di nuovo quella voce, la voce del tamburello! Avrei voluto piangere così forte che solo il canto a squarciagola mi permise di evitare lo sfogo di questa indescrivibile emozione.

La storia a qualcuno è nota, per cause di forza maggiore, e non certo per capacità tecniche, non fui l'undicesimo giocatore, ma il settimo. Giocai così qualche partita minore accanto ai campioni, quelli veri, che si dimostrarono campioni non solo di sport ma anche di umanità, facendomi sentire uno di loro.

Ho sofferto per non aver avuto le capacità tecniche per aiutare i miei compagni, in una finale con la Francia della quale ricordo con uguale intensità l’amaro della sconfitta e l’orgoglio di esserci stato.

Capii quanto si soffre in queste occasioni e come nascono quelle crisi di pianto e di sconforto dei più forti atleti del mondo che si vedono in televisione.

“Il tamburello mi parlava.”

“Spero di averti accontentato: nonostante tu mi abbia abbandonato per qualche anno, ti ho offerto un’Olimpiade a fianco della persona che ami e un mondiale che, per onestà tecnica, non ho potuto farti vincere. Mi auguro che potremo stare fianco a fianco ancora per molto tempo. A presto”. 

Tuo Tamburello.

 con un rappresentante portoghese dei giochi tradizionali, ha pubblicato libri sugli sport tradizinali e mi ha invitato in mezza Europa a parlare di tambass!

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