L’amore per il tamburello di Mario Bellini supera anche le sbarre del carcere

Il tecnico del Castellaro esperto di giovanili aveva iniziato a Verona. In primavera al via i corsi a Venezia e forse a Padova

Per il tuo coraggio, la tua tenacia e la tua ambizione. Premiamo la tua capacità di resistere e insistere tra gli ostacoli delle strutture carcerarie e il loro funzionamento. Nel credere che il senso sociale del progetto debba essere capito e condiviso anche altrove. Ovunque il diritto abbia la pretesa di valere. Il sistema funziona se i cittadini si disciplinano nell’offrire compassione, aiuto, sostegno, amorevolezza. Se si porta umanità dove c’è disumanità».

È la motivazione incisa nella targa consegnata alcuni giorni fa a Mario Bellini al Galà del tamburello a Rezzato. Un riconoscimento speciale, denominato Premio Campione per le attività nel sociale, per la solidarietà, la legalità e il civismo. Sì, perché una delle colonne del Castellaro non ha solo il grande merito di diffondere con ottimi risultati il tamburello tra i giovani, come dimostra anche il recente titolo di vice campioni di Coppa Europa indoor con una squadra dell’età media di 17 anni. Ma ha pure il grandissimo merito di aver trasmesso la sua passione al di là delle sbarre.

L’esordio con Tommasi

Già nel 2016, insieme all’attuale sindaco di Verona, Damiano Tommasi, grande amante del tamburello, Bellini era entrato nel carcere scaligero di Montorio arrivando poi a creare una squadra impegnata in un torneo. Un’esperienza ripresa nel 2019 ma poi interrottasi per il Covid. Nel 2022 la ripresa ma solo per 5-6 mesi. «Sto attendendo di ricominciare - spiega Bellini - nel frattempo c’è la grande novità di Venezia: il primo marzo 2024 inizieremo i corsi alla Giudecca, il carcere femminile che ha solo uno spazio esterno quindi bisogna attendere la primavera. In perfetta intesa con la direttrice Maria Grazia Bregoli, che era a Montorio negli anni scorsi, abbiamo avuto incontri preparatori nei quali abbiamo mostrato alcuni video. I corsi li terranno i ragazzi del Fontigo, società del Trevigiano vicina a Venezia. Io farò il supervisore andando a trovarli ogni tanto». Un’emozione speciale insegnare uno sport ai detenuti, un’esperienza che ha colpito il tecnico fin dai primi incontri spalleggiato da numerosi giocatori e pure ex. «Nel 2016 nel penitenziario di Verona siamo andati con tutta la squadra del Castellaro fresca di scudetto open - spiega - a giocare una partita. Una bella emozione con rinfresco finale fatto dai ragazzi stessi. Spesso mi hanno accompagnato Alberto Marconi, Federico Merighi che allora aveva solo 18 anni. E poi Davide Guerra. Certo, all’inizio non è un’esperienza semplice ma dà una grande soddisfazione portare un po’ di umanità in un luogo di sofferenza. Poi si crea un bel legame, un rapporto speciale».

Il progetto della Fipt

Un episodio è rimasto scolpito nella mente di Bellini: «Durante un torneo i ragazzi erano tesi sull’11 pari. Si doveva giocare la palla decisiva e ho detto a uno di questi: ’’Vai tranquillo, batti e chiudiamo il gioco’’. Lui è andato, ha chiuso ed è stata una festa. L’anno dopo ci siamo rivisti e quel ragazzo mi ha ringraziato per quell’episodio definendolo uno dei momenti più belli della sua vita». Verona, Venezia ma non solo: c’è anche l’ipotesi di entrare nel carcere di Padova. La federazione stessa ha elaborato un progetto ad hoc: Lo Sport che integra, porte aperte con il tamburello.

 

 

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