Fracchia: “L’ultimo tricolore con il Grazzano è stato il mio scudetto più difficile”

- Vittorio Fracchia con i trofei che rappresentano i sei scudetti conquistati con la maglia del Grazzano

Sette volte scudettetato Vittorio Fracchia, 29 anni, campione del nuovo millenio del tambass. Dal primo nel 2010 a Moncalvo all’ultimo di domenica strappato ai «cugini» con la maglia della «sua» Grazzano, sesto titolo degli ultimi sette anni. 

Stagione differente dalle altre.

Tra le più sofferte. Come un vecchio diesel abbiamo dovuto carburare prima di trovare la forma migliore. Abbiamo vinto le partite fondamentali per accedere ai play off, mancando quelle che ci avrebbero permesso di lottare per il primato. Ma la differenza la fa l’estate». 

Non solo per questioni di calendario.
«Con l’aumento delle temperature la pallina dura dell’inverno diventa più molle e pesante. Poi emerge la tenuta atletica, fondamentale sulla distanza di tre-quattro ore con termometro oltre i 30 gradi».

Con Maurizio Marletto la coppia di fondocampo più forte?
«Quella diversamente migliore delle precedenti, ma Maurizio è un predestinato. Della sua leva è sicuramente il più talentuoso in grado di affermarsi al vertice nelle prossime stagioni. Non solo al largo ma pure al muro. In allenamento da rivali è sempre dura batterlo. Mi aveva impressionato quando lo incontrai la prima volta ed aveva solo 18 anni».

Oltre ad aver Fracchia in rosa, quale il segreto del Grazzano vincente?
«Il lavoro dietro le quinte con una società che finora è sempre riuscita a trovare i giusti innesti. Frutto di un confronto continuo con la dirigenza. Io e il presidente Redoglia ci sentiamo venti volte al giorno. E le caratteristiche non sono quelle di esser campione ma prima di tutto abnegazione, volontà e impegno nel voler apprendere”. 

A Grazzano c’è da sudare.
«Soprattutto sopportarmi. So bene che sono pesante nel dare continuamente consigli in allenamento come in partita, ma è la mia indole e la motivazione è riuscire a fare bene. Il tamburello è sport di squadra si vince, e perde, tutti assieme”. 

Come giudica il sistema dei punteggi l’atleta che ha il più alto?
«Fondamentale. Soluzione che ha fatto crescere il movimento in modo esponenziale, più interesse da parte del pubblico e la platea di società interessate al muro. E’ l’equilibrio che fa vivere la passione, non conoscere alla prima giornata quali saranno le finaliste». 

Indossando per un momento i panni del tecnico, quali i giocatori che sceglierebbe?
«Nella personale squadra dei sogni non potrei che iniziare da Edoardo Biletta, siamo cresciuti assieme ed assieme diventati campioni. Penso che sia un talento per lo sport. E’ nato a Grazzano lo è diventato nel tamburello, fosse ligure sarebbe diventato un pallanuotista. Poi non posso che citare Alessio Monzeglio forza della natura, sicuramente il più dotato di sempre nel muro. Ma non dimentico con chi ho avuto modo di giocare: Gerbi, Caggiano, lo stesso Marletto o l’amico Tirone».

Originale anche la dedica per il titolo 2018.
«Ai miei nonni ed a tutti quei grazzanesi che sono già andati avanti dopo aver fatto e dato molto al nostro paese. Non solo nel tamburello». 

Dopo lo scudetto c’è la Coppa Italia.
«Appuntamenti a cui arrivo sempre scarico dopo una preparazione ferrea, anche nell’alimentazione, finalizzata alla sfida scudetto. Ma chi mi conosce sa che dò il massimo anche giocando a briscola ai combattenti. In semifinale poi potrebbe ripetersi un nuovo confronto col Montemagno. Gli stimoli non mancano magari sognano un nuovo triplete».


 

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