La lunga caccia al “re” Fracchia parte dai colpi “selvaggi” di Forno

La partita di Grazzano è stata (finalmente) degna delle attese. E offre qualche ulteriore spunto di riflessione, anche tecnica.

Il Grazzano conferma di essere, al momento, la Juventus del torneo: il gruppo è coeso e anche le emergenze come l’assenza dell’infortunato Emanuel Monzeglio vengono gestite al meglio, con l’inserimento di giovani di belle speranze. Uno su tutti: Andrea Bonelli, di Frinco, è parso subito all’altezza della situazione anche nel ruolo di centrale. Così come è stato eccellente Maurizio Marletto a fondo campo: silenzioso e utile. Una risorsa per tutto il team.
E poi è quasi banale dire che il valore aggiunto della squadra sono...i Fracchia. A partire da Vittorio, che conferma sul campo di essere il «re» del torneo, per personalità, capacità di leadership, spirito di sacrificio. È, sportivamente parlando, un «antipatico vincente» (per gli altri...): il che è tutto dire. È uno che non bada allo show fine a se stesso, preferisce far parlare i fatti, si esalta nelle giocate, persino rischiando di andare qualche volta «fuori giri». Ma i suoi tifosi e il pubblico vogliono questo: generosità, grinta e cattiveria. E quando la squadra subisce un break negativo di 9-10 giochi, bastano un paio di «c....zzo» urlati nello sferisterio e i compagni capiscono subito che bisogna cambiare registro. E, un po’ in campo e molto in panchina, c’è l’altro Fracchia, Mauro, il padre di Vittorio, uno che come un Allegri del tambass sa analizzare con lucidità ogni fase della partita. È dura battere un team così, ma il Montechiaro ha dato tutto, mostrando di essere a sua volta una squadra. A cominciare da Fabrizio Artuffo, che si sta creando un suo spazio da leader e fa della regolarità un’arma preziosa, oltre al solito, generosissimo Davide Tirone, il vero condottiero. Ma la conferma più interessante arriva da Matteo Forno. Il mezzovolo di Montaldo (ha ragione Aldo «Cerot» Marello) ha fisico e il colpo di pugnetto che stordisce. Deve migliorare tecnicamente, ma quando lascia «andare la palla» fa paura. E sa gestire anche le fasi di gioco, con recuperi «ragionati»: certo, a Grazzano, ha mostrato ancora limiti sul timing, il «tempo» nel colpire e sulla conoscenza della palla e non ha saputo capitalizzare di più e meglio le giocate razzenti al largo, dove avrebbe potuto fare sfracelli. Forno ha un potenziale ancora tutto da esplorare e vanno accettati anche errori («palla sui piedi») tipici del ruolo. I veri mezzovoli, quelli che infiammano la gente, sono cavalli «selvaggi»: prendere o lasciare. Guai a imbrigliarne troppo il talento, che va semplicemente guidato. Forno e il Montechiaro hanno dimostrato che il Grazzano, se spinto al limite, può sbagliare. Ma devono essere eliminate, o ridotte, le pause anche mentali che fanno ancora la differenza. Il Grazzano, per ora, resta superiore a tutti. E Fracchia (Vittorio) è il modello a cui ispirarsi nell’approccio agonistico alla gara. La «lepre» è lui e la caccia è aperta.

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