Tirone: “Montechiaro sogna col tambass. Ora a Grazzano contro Fracchia, il più forte”

Tambass: parla il leader della squadra biancoazzurra capolista

Davide Tirone, 35 anni, due figliolette, Rebecca e Aurora («che giochicchiano a tamburello, anzi al tambass), una moglie e uno zio (anzi un «barba», come dice lui in dialetto) Angelo, che ha condiviso la passione di famiglia, si porta dietro un cognome importante. Per via di quel padre, Beppe, che manca a tutti, negli sferisteri. E che lui, Davide, bancario dal fisico imponente e dal cervello molto fino, sta facendo persino un po’ «dimenticare» per via di certe sue prestazioni, da primato. Col Montechiaro, torneo a muro. E dopo aver battuto, anzi strapazzato, a Pasquetta, il Moncalvo di un certo Alessio Monzeglio.

Tirone, una grande prova...
«Brava la squadra. E l’orgoglio di essere primi con un paese che si spinge, ci sostiene, ci incita, a partire dal sindaco, Paolo Luzi, al presidente Gianluca Marcanzin, ai dirigenti come Renzo Parena, che è sempre sul campo e ha un sorriso per tutti quando ci alleniamo. E Paolo Quilico un maestro...

La squadra, una conferma...
«Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo contro un signor avversario. A cominciare dai terzini, Luca Parena e Tinelli, al battitore, Fabrizio Artuffo, al mezzovolo, Matteo Forno».

Forno ha entusiasmato anche un certo Aldo Cerot Marello...
«Forno è di Montaldo. Ha un fisico straordinario e un colpo che non perdona. A inizio stagione gli ho detto: “O ti convinci di essere forte, o puoi appendere il tamburello al chiodo”. Sembra che mi stia ascoltando. Però, vorrei dire una cosa..

Dica...
«Si è parlato di flop di Monzeglio. E non mi sembra giusto: lui è un grandissimo e vedrete sarà protagonista fino alla fine... Purtroppo per noi sarà un osso molto duro... E poi è un personaggio carismatico per tutto questo mondo».

Domenica andrete a Grazzano.
«Sfideremo lo squadrone di Vittorio Fracchia, il più forte a muro, ma non solo di adesso. Di sempre...»

Una dichiarazione impegnativa...
«Sono cambiati i tempi: la pallina va veloce, i tamburelli sono migliorati, la preparazione fisica è cresciuta in modo esponenziale. E lui è il migliore, meglio anche di Medesani. E so che questa affermazione farà discutere. Ed è la sintesi di quello che è il nostro mondo: vive in questo territorio, ha studiato, è un imprenditore affermato nel mondo del vino e il tamburello è la sua religione. Il Grazzano è un esempio per tutti, un modello anche organizzativo. E dico basta con i punteggi: proprio Grazzano ha visto smettere un talento come Biletta, che voleva restare a giocare nel suo paese e non ha potuto. E questo è un”delitto sportivo”. Mancano spesso i dirigenti preparati, anche se ci sono le eccezioni: personaggi dal grande cuore come i Tabachetti a Moncalvo, i Griffi a Montemagno fanno bene al movimento.  Però bisogna riflettere sulle opportunità che il tambass ha per far crescere questo territorio». 

Si spieghi meglio...
«Il tambass come il balòn danno un senso di identità alle nostre terre. L’altro giorno sono venuti degli svizzeri a pranzo al ristorante “Tre Colli”, sulla piazza di Montechiaro. Sono usciti e hanno visto noi che giocavamo. Erano stupiti, entusiasti. Non sapevano che cosa fosse questo gioco. Ma quanti sanno che esiste? Il nostro è uno sport povero di risorse, ma ricco di umanità. Se i baschi hanno la pelota, noi abbiamo tambass e balòn. E ci giocano anche i ragazzini immigrati: basta dargli un tamburello e gli si regala un sogno. E paesi bellissimi. Le nostre piazze non hanno uguali: sarebbero da proporre televisivamente, come si fa con il golf o il Giro d’Italia, o il Tour de France. Ma bisogna crescere, tutti insieme. A cominciare dal gioco: lo show fa audience». 

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