Il tamburello del mito e quello che verrà

Splendida serata Panathlon con i campioni di ogni tempo e il neo presidente federale Facchetti.

Grande partecipazione tra aneddoti, ricordi e il nuovo corso che avanza

Emozioni che corrono sul filo dei ricordi tra i muri del tambass. Passione come filo conduttore della conviviale che, giovedì, il Panathlon Club di Asti ha voluto dedicare al tamburello. La stessa che è stata trasmessa anche a chi degli sferisteri non è frequentatore abituale grazie alle parole dei protagonisti. Campioni di ieri e oggi dirigenti. Serata che ha sancito anche la prima uscita ufficiale in terra astigiana del neo presidente nazionale Edoardo Facchetti. «Qui ho respirato l’aria che ha reso grande il passato di questo sport. Una base da cui lavorare. Un motivo d’orgoglio in più che ho nell’onore di rappresentare questa disciplina» ha commentato il nuovo numero uno Federtamburello, bresciano, già eccellente giocatore e allenatore vincente. Ricordo di Fracchia Nella sala del ristorante «La Grotta» i campioni che hanno reso l’Astigiano capitale nazionale del tamburello negli anni ’70. Il “bombardiere” Franco Capusso da Portacomaro, Aldo “Cerot” Marello con l’ex compagno Luigi Casalone nel Castell’Alfero tricolore e poi Beppe Bonanate fino a chi, oggi, domina tra i bastioni ovvero il Grazzano Badoglio. Il presidente Alessandro Redoglia con il coach Fabiano Penna e Mauro Fracchia, erede di Adriano e padre del campione Vittorio, sono stati i rappresentanti di una realtà che quest’anno insegue il sesto scudetto consecutivo a muro. Con l’open realtà distinte. «La fusione evocata da qualcuno è un rischio. Open e muro non debbono camminare unite ma sullo stesso binario, ciascuna con le proprie peculiarità superando le rispettive difficoltà» è intervenuto Facchetti, indicando la via nel proprio quadriennio «il passato non va dimenticato ma occorre guardare avanti. Le radici ci sono e servono ad alimentare la pianta. Trovare la giusta alchimia per rendere questo sport in tutte le sue declinazioni visibile e appetibile, senza aver paura di portare novità e modifiche». Il rischio paventato dal Coni è la perdita di autonomia confluendo assieme a sport che non possono vantare oltre cent’anni di storia. «Non vogliamo diventare un pianeta di una galassia di discipline che nulla hanno in comune col tamburello. Siamo il terzo sport praticato a livello scolastico. Dai giovani dobbiamo partire per far si che il tamburello guadagni la propria dimensione e rispetto. Nessun giovane deve vergognarsi di dire che impugna un tamburello come mi è capitato di ascoltare in un torneo nel Lazio». Nell’Astigiano il tambass è invece onore oltreché tradizione. Malattia l’ha definita la monalese Alessandra De Vincenzi, consigliere nazionale e coach dell’Italia in rosa iridata. Accanto a Mimmo Basso che da decenni prosegue nel proprio lavoro in nome del tamburello rivolgendosi ai giovani, l’Astigiano può contare su una nuova voce in seno nazionale grazie all’avvocato Roberto Caranzano che oggi sarà nominato alla guida della Commissione tecnica nazionale.

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