Malagò, Lazio, tamburello, balon e l’invito partito da casa Araldica

Se non ci fosse stato il Web pochi avrebbero appreso la notizia della visita del presidente del Coni Giovanni Malagò, alla sezione tamburello della Società sportiva Lazio, la stessa di quella grande galassia sportiva che fa capo al club calcistico guidato da Claudio Lotito. 

E non si sarebbe subito scatenata una ridda di commenti, sui cosiddetti «social», alcuni dei quali apertamente critici nei confronti di Malagò, soprattutto dalle zone dove questa disciplina è storicamente più radicata (Monferrato in primis, ma anche il Mantovano eccetera). 
In sostanza il massimo esponente delle sport italiano è accusato di non far bene il suo mestiere in generale e nel particolare (letto tra le righe) di disinteressarsi delle sorti del tamburello e più in generale degli sport sferistici (anche pallapugno).  
E, questo, a poche settimane dalla decisione che lo stesso Malagò e il governo Coni dovranno prendere sul futuro delle federazioni legate a questi sport tradizionali. Che rischiano di essere inglobate (per motivi di tagli e di bilanci) da altri sport «olimpici» (il tennis in primis).  
Il presidente della Federtamburello, Edoardo Facchetti, sempre via Facebook, ha provato (garbatamente, secondo il suo stile) a spiegare che «stiamo parlando con Malagò». Senza aggiungere dettagli, ma facendo intuire che è in corso un lavorio diplomatico (sacrosanto) per trovare una collocazione adeguata al futuro di questi sport degli sferisteri. Che poi la «missione» abbia successo lo sapremo, necessariamente, solo a trattativa conclusa. 

Ora, una prima considerazione si impone: Malagò ha dimostrato, fatti alla mano, di essere il degno e carismatico capo di uno sport italiano che, invece, in generale (vedi calcio, tanto per non fare nomi) non se la passa benissimo in quanto a dirigenti federali. 
Secondo: per tornare a Facchetti. Lo ribadiamo ancora una volta: si tratta di persona che in questo panorama sportivo a volte desolante per dilettantismo, dimostra almeno due grandi virtù: competenza e passione. Merce rara di questi tempi.
Terzo: il fatto che il presidente Coni accetti l’invito a presenziare a un evento tamburellistico (sia pure a Roma, quindi logisticamente per lui più «accessibile»), dimostra comunque sensibilità e attenzione per questo gioco. E poi che lo stesso Malagò sia andato ospite di una società gloriosa (qualunque sia il tifo) come la Lazio, ma non per parlare di calcio, dovrebbe essere salutato solo con (grande) favore dagli appassionati di tamburello.  
Quarto: in questo mondo «globalizzato» anche l’impegno dei dirigenti tamburellistici della stessa Lazio, non dovrebbe (potrebbe) essere «sfruttato» (in senso buono) per rafforzare la mediazione col Coni legata al futuro degli sport sferistici? 
Quinto e ultimo punto: si era parlato di invitare Malagò nelle «terre degli sferisteri», durante un convegno, nella primavera di un anno fa, alle cantine «Araldica» (sponsor della pallapugno) a Castel Boglione.
Ne avevano discusso Facchetti e il suo «omologo» del balòn, l’ex ministro monregalese Enrico Costa. Ci piacerebbe sapere che fine ha fatto quella dichiarazione di intenti. È ancora valida? E perchè non «riattivarla» portando Malagò a visitare i paesi degli sferisteri, da Imperia al Trentino, passando per Langa, Monferrato, Mantovano, Veronese, Garda e via discorrendo. Terre bellissime, dove questi sport tipici fanno parte, in modo quasi simbiotico, della cultura di un territorio. Altrochè tiro alla fune o corsa nei sacchi o sfida con le «ruote» del formaggio (perchè c’è anche chi ha pensato di inserire tambass e balòn in questa originale «Federazione» allargata). Ovviamente attendiamo eventuali segnali sulla proposta-invito a Malagò. 

 

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