“Voglio raggiungere il record dei 12 scudetti come Bertola”

Max Vacchetto neo campione d’Italia di pallapugno

Quella di Massimo Vacchetto, 24 anni, vincitore dello scudetto della pallapugno, è la sorte di un predestinato. I frequentatori degli sferisteri, in particolare il Mermet di Alba, lo ricordano piccolissimo, appeso alle transenne, fare il tifo per il padre Giorgio il cui DNA pallonistico si è trasmesso ai tre figli (oltre a Max, Paolo 21 anni e Alessandro 12).  Massimo ad Alba, nel 2012, ha vinto il suo primo titolo, diventando, a 19 anni, il più giovane «scudettato» di tutti i tempi. Poi la tripletta dal 2015 al 2017. Avversario sempre Bruno Campagno con il quale ha dato vita a un’accesa rivalità analoga a quelle storiche di Manzo e Balestra o di Bertola e Berruti. Fino all’anno scorso i due viaggiavano alla pari, con tre scudetti a testa: quest’anno Vacchetto è passato in testa e ha raggiunto un prestigioso empireo di campioni (Ricca, Fuseri, Aicardi, Sciorella, Danna, Corino). 

 
Sogno sportivo
Nel mirino ora il quinto titolo che gli permetterebbe di collocarsi alle spalle solo dei grandissimi Bertola, Manzo, Balestra e Berruti. Vacchetto, altra caratteristica dei campioni, non ha mai posto limiti al proprio successo. «Non so quanti, alla mia età, abbiano raggiunto i miei traguardi. Sono molto soddisfatto, ma non appagato». E siccome la timidezza non è il suo forte, a chi gli chiede quale sia il suo sogno sportivo risponde con sicurezza: «Voglio raggiungere il record di Bertola (12 scudetti, ndr)». Laureato in comunicazione e marketing, ha scelto la via del professionismo sportivo. «Mi auguro che la mia carriera sia la più lunga possibile, poi rimarrò nell’ambito della pallapugno».
 
Mondiali in Colombia
Dopo la memorabile finale vinta contro Campagno per 11-10 poco spazio per i festeggiamenti, perché con la Nazionale azzurra partirà fra poco per i mondiali in Colombia; al ritorno una vacanza a Singapore, quindi la ripresa con i nuovi compagni Semeria, Rivetti e Piva Francone. 
«La squadra nuova è un po’ un’incognita. Sicuramente sulla carta è più debole di quella di quest’anno. Dovremo lavorare a fondo». Il suo non è stato uno scudetto facile: come già nella finale dello scorso anno sono ricomparsi i crampi che lo hanno condizionato nei movimenti. Ha stretto i denti e strappato un successo che sembrava sfuggirgli: classe e grande capacità di soffrire che il pubblico ha apprezzato decretandone il trionfo.

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