Commento poetico e no sulla finale serie A di pallapugno

<Vaghe stelle del balon, io non credea tornare ancor per uso a contemplarvi...>>

Non poteva che venire in mente il sommo Giacomo Leopardi (già imperituro cantore del progenitore bracciale con il famoso, per noi, Canto 'A un vincitore nel pallone') con il Canto 'Le ricordanze', e una piccola variante, dopo aver visto e goduto le due partite di finale di serie A tra i guerrieri Campagno e Vacchetto.

La pallapugno onora ancora una volta la sua capacità di generare miracoli, nonostante gli sforzi all'incontrario di una Federazione e di dirigenti pallonistici vari, votati ai tentativi più disparati per completare l'affossamento definitivo dello sport, pubblicizzati come meglio non si sarebbe potuto nelle settimane passate con analisi, proposte e progetti in buona parte (solo una minima parte è perlomeno accettabile e solo in aspetti minori, ininfluenti) a dir poco controproducenti, per non dire demenziali, testimoni di un totale stravolgimento mentale sulla natura della pallapugno o più opportunamente del pallone elastico. 

Due campioni, ancorché acciaccati, hanno offerto uno spettacolo di raro impegno, seppur costellato di errori e orrori infiniti, e  infiammato un pubblico encomiabile per costanza e fiducia nelle virtù residue del gioco: nelle due partite di siffatta intensità, che avrebbero meritato ben altri numeri, erano presenti sì e no tanti spettatori quanti ne raccoglieva  una sola qualsiasi di finale o perfino di semifinale tra vari campioni di non molto tempo fa, anzi anche di pochi anni fa.

Serve forse far notare una media spettatori, in quest'anno, catastrofica, che assomma a poche decine?

Se qualcuno non l'avesse ancora capito, è il favore popolare a decretare il successo, la validità e la credibilità di uno sport, non montagne fuorvianti di numeri su società e giovanili partorienti topolini di dubbia utilità e incerto futuro: non è una personale opinione ma il giudizio inflessibile della Storia.

 

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