I migranti goitesi e mantovani del tamburello in Piemonte negli anni '60 e '70

 
Goito - proroga della mostra sulla storia del tamburello 

Per opportuna conoscenza comunico che le mostre sulla storia del tamburello dal titolo "40 anni di storia del tamburello 1971 - 2011" a cura di Pier Giuseppe Bollo e "Migranti goitesi e mantovani del tamburello in Piemonte negli anni '60 e '70" a cura di Enzo Cartapati sono state prorogate fino a venerdì 27 ottobre 2017.
Le mostre sono esposte presso le Aule Polifunzionali di Goito, sopra la Biblioteca Comunale in via Dante Alighieri 47, e sono visitabili tutti i giorni dalle ore 9 alle 12 e dalle ore 15 alle 18 (in altri orari su appuntamento telefonando al n. 328 0120083).
La mostra è visitabile anche nella giornata di sabato 28 ottobre p.v. per tutti coloro che parteciperanno all'assemblea delle Società di serie A e di serie B.

Serie B – Supercoppa  A GOITO DOMINA IL MALTEMPO RECUPERO SABATO PROSSIMO

Domina il maltempo a Goito nella Supercoppa di serie B, ultimo atto di una stagione lunga che ha visto il Tuenno guadagnare la serie A la scorsa settimana nello spareggio contro la bergamasca Arcene, duello che ha caratterizzato tutto il campionato cadetto. 4-3 il risultato parziale a favore del Ceresara, quando l´arbitro Ottavio Caliaro é stato costretto alla sospensione causa pioggia. La prosecuzione della partita é prevista per il prossimo sabato, sempre sullo sferisterio di Goito, con fischio d´inizio fissato alle 14.30.

Nell’Albo d’Oro di B lo scorso anno vittoria del Mezzolombardo (2016), poi un trofeo alla bergamasca Ubiali Ciserano (2015), Ceresara (2007), Carpeneto (2008), Malavicina (2009), Travagliato (2010), Castellaro (2011), Castiglione (2012), Sabbionara (2013) e Cinaglio (2014).


I MIGRANTI GOITESI E MANTOVANI DEL TAMBURELLO IN PIEMONTE NEGLI ANNI ’60 E ‘70

Negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso furono molti i giocatori di tamburello del cosiddetto Lombardo-Veneto che scelsero di emigrare nelle squadre piemontesi, in particolare in quella del Centro Sportivo Fiat di Torino ed in quelle, numerosissime, del Monferrato: a metà degli anni ’60 vi fu una vera e propria esplosione della passione per il tamburello in quella regione, nella quale le rivalità fra i paesi, spesso fra le frazioni dello stesso comune, portò migliaia di spettatori sugli spalti dei nuovi sferisteri all’ aperto e sui parapetti ed i bastioni dei campi a muro ricavati sui fianchi delle chiese e nei cortili dei numerosi castelli monferrini.

Per la verità già negli anni ’50 alcuni campioni della pallatamburello si erano messi a girovagare su e giù per l’Italia, soprattutto in quelle grandi città dove ancora esistevano sferisteri al chiuso dotati di totalizzatore per le scommesse: su quei campi fino alla fine dell’ ‘800 si erano svolte frequentatissime sfide di pallone col bracciale , cantate da Edmondo De Amicis nel libro “Gli azzurri e i rossi” e prima ancora da Giacomo Leopardi nella poesia “A un giocatore di pallone” (quel giocatore si chiamava Carlo Didimi da Treia, paese marchigiano dove ancora oggi si gioca a tamburello e dove ogni anno, nella prima settimana di agosto, si svolge una storica rievocazione con gare di pallone col bracciale).

Marino Marzocchi, il mitico Mara, anche in questo fu un precursore, uno dei primi a trasferirsi in alcuni, quasi tutti per la verità, gli sferisteri con totalizzatore allora esistenti: non solo in quello del lido di Albaro a Genova, dove giunse nel 1948, ma anche quelli di via Palermo e il Diana a Milano, il Fuorigrotta a Napoli nel 1949, l’Alhambra di Firenze, il “Marenco” di Ovada e in quello di via Irnerio a Bologna nel 1952.

Dopo di lui anche il giovane Mario Riva nel 1954 emigrò a Genova per giocare nella formazione dello Sport Palazzo Superba, poi alle Cascine di Firenze, approdando infine nella Fiat Torino.

Successe perfino che furono considerati professionisti e quindi squalificati ed esclusi dai campionati ufficiali alcuni di questi divi che si esibivano in quegli sferisteri dove giravano le scommesse, impianti che dopo poco tempo furono dismessi e sostituiti dai campi all’aperto e da quelli a muro, ricomparsi in quasi tutti i paesi del Monferrato.

Fu quindi la città di Torino, con la Fiat e le altre aziende metalmeccaniche in pieno boom economico, e più tardi il Monferrato ad attrarre i migliori giocatori esistenti sulla piazza in quella regione: la Fiat ad alcuni, i più bravi ed impegnati, dava anche il lavoro e concedeva qualche permesso per le gare e gli allenamenti, mentre a metà degli anni ’60 fu il Monferrato la meta preferita dai giocatori lombardi e veneti. Le società della zona, facendo affidamento su alcuni sponsor appassionati e ben disposti e sulla garanzia di un numero a volte elevatissimo, giunto talvolta a superare i 5000 spettatori paganti (in una partita fu superato l’incasso record di un milione di lire).

A metà degli anni ’60 si ebbe quello che Filippo Piana, nella sua “Storia del gioco del tamburello”, definisce “il boom del Monferrato”: era nata quindi l’idea di far disputare un vero e proprio torneo del Monferrato, dopo alcuni anni di sfide strapaesane, compresa una gara internazionale giocata nel 1964 sul campo di calcio di Murisengo e vinta dagli italiani sui francesi per 21 a 19. Il grande afflusso di pubblico e la passione per questo sport convinse il dottor Oscar Bonasso, dentista di Murisengo, che si avvalse della consulenza del grande Mara, ad organizzare un vero Torneo, quello appunto del Monferrato, la cui prima edizione ufficiale si ebbe nel 1965.

Fu un successo inaspettato, vi parteciparono 6 squadre, che diventarono 13 l’anno dopo, 14 nel’67. Nel 1968, quando le squadre iscritte diventarono addirittura 18, la FIPT decise di considerare il Torneo del Monferrato come il girone B della prima categoria, l’attuale serie A, decidendo anche di eliminare, con la dovuta gradualità, i campi con muro d’appoggio (oggi sui campi a muro si svolge un vero e proprio campionato distinto da quello sui campi open senza muro). Tutte le formazioni del resto d’Italia, dieci in tutto, costituivano il girone A, il titolo fu assegnato dopo uno spareggio fra le prime due di ogni girone e fu vinto dai veronesi del Salvi che sconfissero i cugini del Belladelli Quaderni, seguiti da Cerrina e Castell’Alfero.

Ancora prima di quella consacrazione ufficiale del Torneo da parte della Federazione nazionale molti erano stati, e sono progressivamente aumentati, i giocatori che scelsero di emigrare nel Monferrato, abbandonando le loro zone di origine e le loro società, soprattutto quelle del Nord-Est ma anche alcune della Toscana e della Romagna, attratti da ingaggi sostanziosi e, per alcuni, da opportunità lavorative.

Tra i primi vi furono i mantovani Mara e Riva, il bresciano Dante Ongaro e il cremonese (di Casalmaggiore, ai confini con la provincia mantovana) Antonio “Nino” Cagna, battezzato “Braccio d’oro” per la potenza dei colpi. Cagna andò a giocare nel Cunico, Mara nel Codana, i goitesi Malpetti e Pedrazzoli rispettivamente nel Tonco e nel Murisengo.

Nel 1969 i malavicinesi Coghi e Munister approdarono nel Codana, dove si era appena ricostituita la coppia Mara-Rossi, mentre Riva, che nel 1960 era diventato campione italiano con il Centro Sportivo Fiat, era nel Montechiaro d’Asti e il gazoldese Enzo Bovi si accasò nel Murisengo e vinse il titolo nazionale.

Nel 1970 Roberto Malpetti, dopo aver preso casa e moglie in quel di Tonco, trovò nel Murisengo il posto abbandonato dall’irrequieto Bovi per il Cunico. Mario Riva, che nel 1962 aveva acquisito la cittadinanza goitese per matrimonio, venne chiamato dal presidentissimo Sandro Vigna nel Castell’Alfero e in compagnia dell’enfant prodige Cerot, alias Aldo Marello, riconquistò il titolo di campione italiano. Nel 1971, dopo dodici anni, il titolo italiano torna nel Mantovano, grazie alla vittoria della “Ongari” Marmirolo e alle performances di un giovane Renzo Tommasi, protetto dal fratello maggiore Aldo, e alla combattività di Armando Biasi, di Luciano Munister e del marmirolese Luigi Sogliani.

L’anno successivo arriva in Piemonte anche il guidizzolese Alberto Pellizzaro e va a rafforzare la Monferrina, società nata dalla fusione del Cerrina e del Cerrina Valle: arriva anche Mario Martelli, chiamato dal Basaluzzo a dare manforte a Bovi, mentre il goitese Pedrazzoli si sposta nel Monale e Rossi nel neopromosso Cremolino.

E’ ancora l’anno, l’ultimo, del Castell’Alfero di Riva, Marello e Uva, rinforzato dall’arrivo dei due terzini piemontesi Felice Negro e Beppe Conrotto: l’anno dopo la squadra di Sandro Vigna non si iscrive al campionato, abbandona da vincente, ma il titolo rimane in Piemonte ancora per due anni: nel 1973 se lo aggiudica il Lavazza Murisengo con Malpetti e il bresciano Franco Reccagni, mentre l’anno dopo tocca al Viarigi di Renzo Tommasi, Marello e Policante. Il Viarigi due anni prima aveva vinto il campionato di seconda categoria grazie all’apporto decisivo del mitico battitore della “Carpani” Goito degli anni ’50, il goitese Albano Casali, mentre l’anno successivo aveva ingaggiato altri due mantovani, Giordano Coghi e Pellegrino Sereni.

Nel 1974 Mario Riva militava nell’Ovada, l’anno dopo nel Casale Monferrato, l’anno in cui il sempiterno Mara finiva invece la sua strepitosa carriera, a 50 anni, nel Basaluzzo.

Nel 1972 erano sparite dal palcoscenico tamburellistico le gloriose “Belladelli” Quaderni e “Carpani” Goito, nel mentre comparivano molte novità nell’organizzazione e nella regolamentazione dei campionati: sparì il tamburello di pelle animale (i primi tamburelli di Riva erano di pelle di coniglio, solitamente si usava la pelle di maiale o di bovino) e comparve quello sintetico, l’Harpast; nel 1976 il campionato di serie A ritornò a girone unico, anche in conseguenza della crisi dell’attività agonistica in Piemonte. Molti giocatori lombardi e veneti tornarono a giocare nelle loro zone di origine, solo Mara e Malpetti si erano stabilizzati: Mara si stabilì a Torino, nel sobborgo di Palmero di None, dove si è spento nel mese di aprile del 2005, Malpetti si stabilì con la famiglia ed abita tuttora a Tonco d’Asti.

Cominciava allora un periodo di interscambio normale di giocatori delle due zone tipiche di pratica tamburellistica, cosa che avviene anche oggi, Nel 1975 era venuto il momento delle squadre veronesi, aveva vinto il San Floriano, con Renzo Tommasi, Adolfo e Lino Riolfi, Franco Reccagni e Pio Conati, società che dominerà fino al 1978, seguita negli anni ’82 e ’83 dal Maria Pia Bussolengo, dal Minotti Valgatara nel 1984 e dal Bussolengo Centro Carni Vallagarina nel 1985 e 1986. Uniche interruzioni del dominio veronese si ebbero nel 1979 quando il CR Ovada, che aveva affiancato a Marello, Franco Capusso e un giovane promettente come Giuseppe Bonanate, vinse il suo primo e unico scudetto, e nel 1981 quando Bonanate andò nella “Ongari” Marmirolo e contribuì, con Walter Marcazzan, Fabio Ongari, Giuseppe “Pippo” Bianchera e Valdimiro Poggi, alla conquista del secondo titolo della squadra mantovana allestita da patron Ugo Ongari.

All’inizio del campionato del 1982 l’Ovada inopinatamente si ritirò, l’Edilconsat Asti , neopromosso dalla B, rimase l’unica piemontese nella massima serie. Bisognerà attendere il 1992 per ritrovare una piemontese, il Castelferro, ai vertici assoluti della serie A, a cui farà seguito il Callianetto nel 2002; ma questa è un’altra storia.

L’emigrazione dei giocatori dal Lombardo-Veneto al Piemonte alla fine degli anni ’60 era dunque pressoché finita, o meglio si era normalizzata e bilanciata. Oggi, come detto, gli interscambi e i passaggi di giocatori piemontesi nelle formazioni lombarde, venete e trentine e viceversa è diventato un fatto normale, possiamo dire che anche il tamburello italiano si è ormai “globalizzato”.

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per personalizzare i contenuti. Per informazioni o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie leggi la nostra Cookie Policy Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando su qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie. Per maggiori informazioni sui Cookies e su come disabilitarli, potete visitare la nostra pagina di privacy policy.

  Accetto i Cookie da parte di questo sito.