Il “prof.” Voglino tra fede famiglia e il balòn infinito

Il campione castagnolese si racconta dopo la seconda laurea in Teologia

Coppia felice. Pier Paolo Voglino, 53 anni con la moglie Anna maestra alle Elementari di Neive.

Hanno cinque figli Ha attraversato 30 anni di balòn, giocato e (vinto) con tutti i «grandi», anche se è stato spesso penalizzato dai «punteggi» che ne hanno fatto un “jolly» di alto livello ma inserito in squadre che non sempre potevano giocarsela alla pari con le altre favorite. Ecco perchè Pier Paolo Voglino, 53 anni, castagnolese doc, ha conquistato “solo” uno scudetto di A (2003 con Corino a Santo Stefano Belbo) e tutti quelli delle categorie inferiori giovanili comprese. Ma i titoli valgono fino ad un certo punto: Voglino resterà nella storia di questo sport come una delle «spalle» più forti di sempre. Ora, dopo un avvio di campionato in B a Monastero compromesso dall’infortunio ad Orizio, è stato affiancato al talento purissimo di Christian Gatto, per rilanciare l’Albese in B. Ma, intanto, ha ottenuto anche la seconda laurea magistrale, in Teologia, dopo quella in Scienze motorie. E continuerà a insegnare Religione alle Medie di Castagnole e alla Mussotto di Alba.

Voglino, complimenti doppi, è il caso di dirlo...
«Grazie, ce l’ho fatta dopo 55 esami all’Istituto superiore di studi religiosi a Fossano. Non è stato facile conciliare studio, lavoro, famiglia...»
Una famiglia bella e numerosa la sua, si direbbe quasi patriarcale...
«Non so come definirla, ma con mia moglie Anna Maria sono arrivati cinque meravigliosi figli: nell’ordine Michela, 21 anni, che studia Scienze politiche internazionali tra Torino e Bordeaux, Bianca, 19, che si è appena diplomata al liceo Monti di Asti, Margherita, 15, al secondo anno del Linguistico di Alba e i gemelli Francesca e Giovanni che fanno seconda media».

Tutti sportivi, tra l’altro...
«Le quattro femmine hanno fatto tutte ginnastica ritmica, ma credo che la più dotata in assoluto sia l’ultima, Francesca. Vedremo...»

E l’altro piccolo uomo di di casa?
«Giovanni si divide tra calcio e pallapugno. Non mi esprimo sulle capacità pallonistiche. Se sono rose....»

Fede e famiglia quanto hanno contato in questa sua vita un po’ «zingara» sportivamente parlando, tra gli sferisteri di Langa, Monferrato, Roero e Liguria?
«Gli studi di Teologia mi hanno dato una visione diversa della vita, della stessa spiritualità, del mio modo di essere uomo e atleta....»

Capita e appartiene un po’ a suo modo anche alla tradizione di questo sport contadino, che a volte scappi un’imprecazione, magari anche una bestemmia per un pallone sbagliato. Lei come si comporta se qualcuno «sbrocca»?
«A parte che è previsto che un giocatore venga ammonito (ma non sempre capita) dico o direi a chi bestemmia di guardarsi allo specchio. Che senso ha prendersela con Dio o i santi se uno sbaglia un pallone? Suvvia, siamo seri ...» 

Lei ha giocato con tutti i grandi capitani di questo sport, degli ultimi 30 anni: da Berruti nel 1986 passando per i Corino e i Vacchetto. Chi è stato il più forte?
«Fare una classifica è difficile, perché ogni fuoriclasse è padrone del suo tempo. E poi torniamo sempre al discorso dei punteggi: la spalla, per definizione, è un giocatore che deve fare da cerniera tra capitano e terzini e più ha punti più è inserito in squadre che non sempre sono le più forti. Diciamo che io sono riuscito ad esprimermi benissimo anche con capitani che magari non hanno vinto, ma hanno lottato con i più forti: da Giorgio Vacchetto (il padre di Massimo e Paolo: ndr), a Tonello e Pettavino».

Ora c’è il duello Vacchetto-Campagno?
«Sono i due grandi di adesso e dietro ci sono tanti giovani emergenti. Ma mancano spesso i dirigenti, anche se ci sono eccezioni positive come i Cocino con la società di Santo Stefano Belbo, o Cuneo, Mondovì, oltre ovviamente alla stessa Castagnole ed a Bubbio, che con Monastero ha il più bel seguito di pubblico del torneo. E ci sono grandi sponsor come l’Araldica di Claudio Manera e mecenati come il notaio Vincenzo Toppino. Personaggi straordinari per il nostro mondo: ma ce ne vorrebbe qualcuno in più come loro». 

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