Marcarino sfida Campagno: “Come scalare l’Everest”

Il battitore (958 Santero) è uno degli ultimi giocatori contadini: “Vigne e balòn, il mio mondo”

Massimo Marcarino, 26 anni, viticoltore (ma non ancora vinificatore) di Treiso e battitore e capitano (ma non ancora campione) della Santostefanese 958 Santero, affronta oggi alle 15, nello sferisterio intitolato a Manzo, Bruno Campagno, già tre volte scudettato. Un altro test sulla strada della maturità per questo ragazzone un po’ schivo, che fino all’anno scorso aveva dettato legge sulla storica piazza di Bubbio, in B e da questa stagione si trova proiettato sul più importante palcoscenico del balòn. Il bilancio, per lui, parla di due successi (con la Merlese priva di Pettavino e a Spigno con l’Araldica di un Paolo Vacchetto in precarie condizioni fisiche) e la sconfitta a Monastero, contro il suo «ex Bubbio» di Corino.

Marcarino, avvio più che soddisfacente...
«Abbiamo raccolto due punti anche fortunosamente, perchè non è mai bello vincere grazie alle disavventure altrui. Ma quei due punti potranno tornarci molto utili per quello che resta il nostro obiettivo iniziale: la salvezza».

La sconfitta con Corino?. Il giorno prima (vigilia di Pasqua) avevate avuto una grandinata in azienda ...
«Non voglio cercare scuse: la grandine non c’entra nulla. Con Corino ho giocato male io, stop. Potevamo non dico vincere, ma certo fare meglio...»

E oggi c’è Campagno...
«Come scalare l’Everest, Lui e Massimo Vacchetto sono sopra tutti, nella sfida scudetto. Poi Raviola che è uno dei primi tre e che affronteremo sabato 6 maggio a Cuneo. E Corino, che resta un campione, anche se il tempo non è dalla sua...»

Lei oggi parte battuto?
«La società con il presidente Fabrizio Cocino, qui a Santo Stefano, mi ha dato fiducia e voglio ripagarli al meglio, ma facendo un passo alla volta. Campagno è più forte di me, su questo non ci piove. Io però posso fare la mia partita ».

E Bubbio?
«Lì ho lasciato tanti amici, è stata un’esperienza bellissima. Mi spiace che non si possa più giocare sulla piazza. Quella è un patrimonio di tutto il nostro sport. Avevamo sempre il pienone è lì lo spettacolo era unico». 

Lei è uno degli ultimi giocatori contadini.
«Abbiamo un’azienda di 25 ettari tra vigneti di Barbaresco, Moscato, Barbera e noccioletti. Con me ci sono mio cognato Luca e mio padre Beppe, 66 anni, che è stato giocatore (tifoso di Berruti), mi ha avviato al balòn e mi segue sempre...»

Quest’anno si sposa...
«Sì il 15 luglio, con Noemi: ha studiato Lingue e conosce benissimo il cinese...Chissà che non torni utile se un giorno decidessimo anche di vinificare e metterci a commercializzare il vino...»

E per lo scudetto?
(Risata): «A quello non penso: il mio scudetto è essere uno dei protagonisti di questo sport, poter frequentare questi paesi straordinari, curare le mie vigne, pensare che qui ci sono le mie radici. Il mondo è sempre più globale, ma io a casa e con i miei tifosi continuo a parlare in dialetto».

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