Troppi infortuni nella pallapugno? “Non è colpa della preparazione”

Specialista Maurizio Giacchino, al «Medical Lab» di Asti con Massimo Vacchetto, Matteo Gallo (preparatore) e Paolo Vacchetto

Troppi infortuni. Il mondo del balòn è in fermento. I vecchi appassionati e anche molti ex giocatori dicono che è anche colpa della preparazione troppo esasperata e anticipata: si comincia a lavorare in palestra a novembre, per iniziare i tornei ad aprile e finire la stagione agonistica in autunno.
Maurizio Giacchino, 56 anni, già medico sociale del Torino calcio (per oltre un decennio: 1993-2005), ora consulente del club granata, ma anche di Novara, Pro Vercelli, Entella, Alessandria e altre società, cura i muscoli anche di molti campioni del balon e coordina il lavoro dello staff del «Medical Lab» di Asti dedicato ai fratelli Vacchetto, Massimo (campione d’Italia) e Paolo.

Dottor Giacchino, è vera questa diceria «popolare»: troppa palestra?
«Su un argomento così delicato non si possono fare discorsi d’impeto. Premesso che come me ci sono altri colleghi che seguono in modo autorevole e qualificato la preparazione dei giocatori di pallapugno, posso dire che proprio il lavoro svolto in palestra ha ridotto gli infortuni a braccia e spalle, che sono ovviamente lo “strumento” di lavoro di un giocatore di balòn. Diverso il discorso per il bacino e le gambe, dove la possibilità di avere inconvenienti (per tante variabili) resta ancora percentualmente più presente. E poi è scientificamente provato che un allenamento metodico e mirato aiuta a prevenire gli infortuni. Ma, nel calcio, per esempio, uno studio Uefa sulle società di vertice ha evidenziato che gli infortuni ai flessori della coscia sono in aumento del 4% l’anno. E allora? I club calcistici non hanno forse a disposizione l’eccellenza dei consulenti in fatto di medici e preparatori?

E dunque?
«Ci sono tanti fattori che vanno valutati e si punta sempre di più, anche nel balòn, a personalizzare la preparazione, addirittura dal ruolo del battitore a quello della spalla, fino al terzino, se gioca a muro o al largo. Ma la personalizzazione (che comprende pure l’alimentazione) è importante, anche in dipendenza del fatto che il battitore, per esempio, sia un giocatore dedito esclusivamente alla pallapugno o svolga anche un altro lavoro, che ne può condizionare la gestione della preparazione. Noi dobbiamo avere una sua banca dati: parametri di forza, efficienza aerobica, esami ematochimici e una miriade di altri dati indispensabili come riferimento, per riportare l’atleta al top, al momento dell’infortunio».

Ma che cosa serve a un giocatore di balòn per restare integro?
«Nella pallapugno moderna, in cui si privilegia la chiusura rapida del “15”, rispetto al palleggio prolungato, l’atleta deve avere doti coordinative, di fondo, di resistenza alla velocità. Il rischio di farsi male aumenta verso la fine della gara, quando viene a mancare la lucidità e il movimento può farsi più scoordinato. E incidono anche le condizioni climatiche: le temperature fredde di inizio stagione o umide di certe serate non aiutano. Senza contare altre variabili: un atleta può scivolare sulla sabbia dello sferisterio e bloccarsi muscolarmente. Impossibile prevedere tutto. Ma l’atleta, di qualsiasi sport, deve essere preparato al meglio. L’unica ricetta valida per fare agonismo (e non solo) resta questa. Il resto sono solo chiacchiere”. 

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