Analisi della pallapugno leggera o indoor di Nino Piana

A distanza di 35 anni dal primo 'Campionato italiano indoor di pallone elastico' (come più adeguatamente e correttamente veniva chiamato allora) ho assistito alle finali del primo 'Campionato regionale di pallapugno leggera', nel Palazzetto dello sport 'Le Cupole' a Torino, domenica 23 marzo. Il mese fatale.

Ho voluto vedere cosa era diventata quella pratica sportiva che era nata per giocare al pallone nei mesi invernali al riparo di una palestra coperta.

Si erano aperte molte prospettive interessanti, per certi versi molto promettenti: gli atleti potevano integrare la preparazione invernale con una attività competitiva utile e anche divertente, potevano essere coinvolte ovunque le scuole ed essere reclutati giovani che mai avrebbero conosciuto il pallone, con i dovuti accorgimenti tecnici la nuova disciplina poteva essere proposta a livello internazionale.

Ma dopo pochi anni tutto era già finito e ridotto ai minimi termini, nell'indifferenza della Federazione, dei giocatori e dei giornali.

I Campionati Italiani indoor sono stati quattro, svolti in un'unica giornata i primi tre. 

Il 4 marzo 1979 al Palazzetto dello sport di Canelli (sulla spinta del suo autorevole mentore, Massimo Berruti) con 16 squadre, 64 atleti e 38 partite, dalle ore nove alle ore venti, presenti tutti i giocatori della serie A e di altre serie: vince la squadra di Rodolfo Rosso, a seguire quelle di Carlo Balocco e di Massimo Berruti.

Il 23 marzo 1980 al Palazzetto dello sport di Bra, con già un netto calo di interesse,  dopo 10 ore di partite vince la squadra di Carlo Balocco, a seguire quelle di Massimo Berruti e di Felice Bertola.

Si riprova il 13 marzo 1983 al Palazzetto dello sport di Alba, 18 squadre di tutte le categorie, molti i giovani, vince la squadra di Livio Tonello, a seguire quelle di Balocco, di Aicardi e di Berruti.

L'ultimo atto nel marzo 1985: due semifinali, il 16 a Mondovì e il 23 ad Acqui Terme, da cui escono 8 squadre che disputano la finale il 30 a Canelli. Alcune squadre sono composte da giovanissimi studenti, una arriva nelle prime 4. Vince la squadra di Massimo Berruti, a seguire Belmonte, Solferino-Vacchetto e 'La Ronde'. 

(Dati ricavati dalla Storia della pallapugno-pallone elastico dell'autore di questo articolo).

Segue un periodo oscuro, in cui con il nome di pallone leggero (un diminutivo quanto mai significativo) lo si è praticato solo nel casalese, grazie ad alcuni appassionati, un nome su tutti: Mauro Bellero, da sempre sostenitore convinto delle pratiche sferistiche. 

Per 24 anni si è disputato il 'Campionato del Monferrato', con poche regole parecchio aleatorie, ma comunque riconosciuto ufficialmente dalla Federazione finché fu in carica Franco Piccinelli, sotto cui funzionava uno specifico Responsabile Nazionale Scuole. Infatti sono state interessate alcune scuole che hanno prestato i molti giovani che hanno tenuto in vita la pratica sportiva. Questo Responsabile, che teneva i contatti con il Provveditorato Studi e con il Coni, è stato poi annullato dal presidente federale Enrico Costa, sotto il quale la pratica è sparita dai ruoli federali, sopravvivendo per così dire in maniera ufficiosa, per non dire clandestina.

L'attuale presidente del Comitato Fipap di Alessandria, il bistagnese Arturo Voglino, intuendo e credendo nelle qualità e nelle prospettive del pallone leggero, tanto briga e lavora con passione che convince i federali a rivalutare la disciplina e a ripristinare il ruolo fondamentale di un Responsabile Nazionale Scuole, anzi in seno alla FIPAP, quasi a farsi perdonare, viene creato il ruolo di Responsabile Discipline Affini, che riguarda non solo le pratiche sferistiche ma anche la pantalera, e nomina lo stesso Voglino.

Il quale Voglino, nel volgere di pochi mesi, non solo dona una dignità sportiva alla pallapugno leggera con una regolamentazione finalmente aderente alle disposizioni vigenti ma favorisce e stimola anche la costituzione di molte società regolari e organizza, nonostante le tante prevedibili difficoltà, la disputa del primo Campionato Regionale ufficiale sia maschile che femminile, per ora piemontese, ma già molte altre regioni sono prossime all'orizzonte. Quasi un miracolo. 

Per una sorprendente e favorevole, quanto misteriosa e contagiosa alchimia, avviene una incredibile partenogenesi: la pallapugno leggera, con la disputa di giochi studenteschi ad hoc, si diffonde nelle scuole di alcune importanti città delle regioni Lombardia, Trentino, Liguria, Toscana, Lazio, Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia (almeno quelle per ora conosciute). Il passo verso campionati interregionali e un rinnovato Campionato Nazionale è ormai molto breve.

 Il Campionato Regionale piemontese ha avuto luogo da novembre a marzo, hanno partecipato 18 squadre, maschili e femminili, di 10 società del casalese, astigiano e torinese (San Maurizio quella più ricca con 4 squadre, 3 femminili e 1 maschile: quasi tutte in finale e anche bicampioni). Si è giocato con la usuale formula dei gironi all'italiana fino alle semifinali, in otto impianti (Casale, S.Maurizio, Vignale, Verolengo, San Giorgio Monferrato, Cerro Tanaro, Montemagno,  Scuole Luparia di San Martino Rosignano).

Nella serie A maschile hanno giocato circa 60 atleti per 9 squadre, identici numeri si sono sommati tra le serie A e B femminili. 

La Serie B, maschile e femminile, ha schierato, ognuna, 4 squadre con circa 30 atleti.

Infine nelle giovanili hanno gareggiato un centinaio di ragazzi, per le scuole Luparia di Rosignano, Sobrero e Leardi di Casale. Sono le scuole medie inferiori il serbatoio fondamentale, con Campionati gioventù e studenteschi.

Da annotare che gli atleti delle serie maggiori appartengono prevalentemente al pianeta del tamburello, con qualcuno proveniente dalla pelota basca e dalla pantalera. Nessun atleta della pallapugno tradizionale ha partecipato al campionato.

I cognomi dei campioni maschili di Serie A: Baldin, Materozzi, Gandini, Oddone, Conta; quelli femminili: Scapolan, Varvello, Nardielo, Dellavalle, Zai.

La valutazione tecnica dipende dai punti di vista, il mio è condizionato dall'ufficialità del termine pallapugno accanto all'aggettivo leggera, ma, secondo il mio costume, tengo conto di tutti i parametri implicati.

Le dimensioni del rettangolo di gioco sono rimaste quelle originarie, usate per la pallavolo: 18 metri di lunghezza per 9 di larghezza.

Anche il pallone in uso ha mantenuto le originarie misure: 60 grammi per 130-135 millimetri di diametro.

Nessuna rete delimita il centro campo e le linee laterali restano libere.

Gli atleti usano solo le mani che possono essere aperte o a pugno nel colpire la palla, si usa l'avvicendamento nelle battute. 

Le squadre sono composte da 4 elementi per parte, due dietro e due davanti, con molta variabilità di posizione in campo, a seconda degli sviluppi di gioco.

Il punteggio è quello classico dei quindici e dei giochi, divisi in set. Vince il gioco chi conquista quattro set di quattro quindici l'uno. Vince la partita chi conquista tre giochi. Non esistono i vantaggi né le volate. Il pallone deve restare entro le linee, il resto del corpo, oltre le mani, è fallo.

Gli arbitri sono tre: il giudice a lato del centro campo e i due di linea, dalla parte opposta. 

La potenza non ha alcuna importanza data la leggerezza della palla, che per il suo peso e per la grande dimensione non ha molta stabilità. Contano  precisione e  regolarità, qualche volta la resistenza, se la partita si protrae a lungo. Il fattore decisivo sta nel riuscire a nascondere la palla agli avversari, soprattutto con le schiacciate, in particolare nelle battute, che si svolgono dall'esterno della linea corta degli angoli destri del rettangolo.

La tecnica di gioco si presenta come un ibrido di pallavolo senza la rete alta, di tennis senza la rete bassa e di tamburello senza l'attrezzo. E della pallapugno? Solo il nome. E ho detto tutto. 

Delle quattro finali solo quelle femminili hanno destato interesse ed entusiasmo, soprattutto quella di serie B. Quest'ultima è stata veramente piacevole e combattuta,  è durata due ore e mezza, si è protratta al limite dei 5 giochi e anche dei sette  set per gioco. Le donne si affrontano di più a gioco aperto con molti scambi e rifuggono il gioco basso,  come nelle mie interviste volanti alcune di loro mi hanno confessato (la sola Scapolan, tra le più dotate, vi ha fatto ricorso in qualche occasione decisiva).

La finale B maschile è stata senza storia, breve (un'ora circa) e noiosa.

La finale A maschile ha mostrato come questo gioco ha trovato l'essenza massima evolutiva della sua degenerazione tecnica. Infatti il gioco si è svolto con un tema unico: cercare di schiacciare in battuta il pallone il più possibile verso la linea di metà campo, rendendo quasi impossibile la risposta degli avversari, cioè solo i due davanti, che quasi sdraiati per terra cercavano di bloccare la palla, riuscendoci quasi mai. Bisogna dire che i giocatori preposti alle battute hanno raggiunto una perfezione ammirevole, sicuramente molto difficile da acquisire, con un costante allenamento specifico. I pochi palloni giocabili venivano schiacciati al più presto. Una gara di schiacciata, niente più. Rendendo il tutto scontato e stucchevole, per la durata di poco più di un'ora.

Il pubblico sulle capienti gradinate è stato men che modesto, composto dai soli tecnici, familiari e amici. Si fosse giocato nel casalese sarebbe stata altra l'affluenza, ma è stato giusto e doveroso giocare a Torino. 

Dopo aver vinto la battaglia più importante per recuperare e rivalutare questa disciplina, con una regolamentazione sulle società e sui giocatori precisa e adeguata alle disposizioni che devono regolare tutte le attività sportive moderne, bisogna adesso decidere il passo fondamentale e decisivo: quello sul gioco. 

Bisogna stabilire se avere un futuro e con quale caratteristiche tecniche.

Se lo si vuole come diretta emanazione della pallapugno l'aggettivo 'leggero' è fuorviante e inutilmente riduttivo, molto più idoneo il vecchio ma corretto appellativo 'indoor'. 

Le dimensioni del campo di gioco e le caratteristiche del pallone sono diventate inadeguate, come hanno abbondantemente dimostrato le finali di Torino, in particolare la finale A maschile. Con alcune piccole ma importanti modifiche, la disciplina può acquisire una rilevanza straordinaria anche per la pallapugno tradizionale, oltre ad averne finalmente una vera affinità e una effettiva somiglianza. 

Modifiche a cui le palestre attuali si possono adattare: un allungamento del rettangolo di gioco, due pareti di fondo valide, perfino una parete laterale (laddove possibile). Il pallone, pur mantenendo il diametro attuale, dovrebbe essere leggermente più pesante, senza perdere la morbidezza e migliorando la stabilità, per esempio appena 20-30 grammi in più. La battuta più arretrata dovrebbe impedire il deleterio gioco schiacciato, senza dover applicare una rete bassa a metà campo. Tutte le altre regole possono essere mantenute.

Con questi accorgimenti anche i giocatori di pallapugno troverebbero attraente partecipare a un campionato in questa disciplina nei mesi invernali, con cui integrare la preparazione. 

Sarebbe così  molto interessante confrontarsi con gli atleti delle altre attività sferistiche già praticanti, e di converso l'allargamento alle altre regioni, inevitabilmente, porterebbe alla possibilità di approntare una disciplina, perfezionata dalla pratica, da proporre a livello internazionale, più aderente alla nostra pallapugno, non come quei giochi sferistici stranieri che non hanno nulla a che vedere con noi. 

La propaganda verso la pallapugno tradizionale, sia nei giovani, sia nei mezzi di informazione, sia presso le federazioni straniere, sarebbe notevole. 

Non si faticherebbe, inoltre, a trovare sponsor molto più motivati. 

 

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