Memorial Flavio Bertagnoli ai Salvi di Verona

Dopo anni di silenzio la Corte Salvi è tornata a ruggire richiamando ai bordi del campo, rivisitato e accorciato per ragioni tecniche, la folla e i tifosi delle grandi occasioni come se il tempo non fosse mai trascorso.

Il motivo o la scusa sono stati il ricordo di uno dei grandi giocatori locali, quel Flavio Bertagnoli, partito troppo giovane e troppo in fretta, soprannominato il "Bomba" per via di quella battuta vigorosa che metteva in difficoltà anche i più quotati avversari. L'idea del Memorial è venuta da Luciano Borriero e Luciano Zerbini, rampolli illustri della nidiata tamburellistica il cui inizio si colloca addirittura prima del '900. A quel punto è stato facile radunare altri volontari che hanno assolto tutti nel loro campo le proprie mansioni. Sopra tutti e tutto la moglie di Flavio, Stefania e le figlie Sara, Cecilia e Mara, commosse per la presenza di tanti campioni giunti da ogni parte d'Italia per rendere omaggio al loro straordinario congiunto. Due partite, a tempo, al mattino e due al pomeriggio prima del gran finale, disputate tutti da giocatori usciti dal vivaio Salvi.

Per me rivedere quel campo, i tifosi, il clan dei Biasi da Luigi "Nino", commosso ed orgoglioso come un bambino, a Tore, il più grande, da Armandino a Sergio e poi Raffaello Cerpelloni, Ferrarini, Walter Meante, "Jack" Bortolazzi sino a Stanghellini ed il "Piruli" Mazzi, i compianti Tezza e Pippo Montresor e "dulcis in fundo" due perle come Aldo e Renzo Tommasi, senza dimenticare i due Luciano già più sopra citati: mi scuso se ho dimenticato altri ma sono talmente tanti che il ricordo di fronte a tanta classe tende a svanire.

A loro aggiungo Antonio Barlottini, arbitro insindacabile. Inutile aggiungere che la vittoria finale è andata al team di Renzo Tommasi che ha aggiunto un altro titolo alla sua già fornitissima bacheca. Il tifo e i tifosi, il ricordo: gli stessi di quel settembre 1970 quando riuscii ad espugnare quell'imprendibile fortino con la SVAB di Sandro Vigna, con Uva, Riva, Pentore e Casalone tutti osannati come eroi al ritorno a Castell'Alfero, immortalati in una foto con il compianto Ercole Quilico arrivato trafelato all'ultimo momento per non perdersi quello scatto del secolo. Era la Corte Salvi che decretava i campioni e per diventarlo dovevi vincere lì, almeno una volta nella vita, come al Madison Squadre Garden per i pugili, a Wimbledon e Roland Garros per i tennisti o il Candlestick Park dei San Francisco 45ers per il football americano.

E tanti amici/giocatori sono arrivati da lontano per rivivere l'atmosfera di allora, l'orgoglio, la fierezza di rivedere quel luogo quasi sacro: i più illustri Dante Ongaro, Fracassi e Matteo Ravarini da Capriano del Colle, Mario Riva, da Breonio e la visita mattutina di Beppe Baldini, Max Teli e i dirigenti al completo del Sommacampagna. Tutti i presenti hanno versato almeno una lacrima, ricordando Flavio, esempio di totale attaccamento alla maglia in un contesto storico irripetibile. Una manifestazione pienamente riuscita, addirittura oltre le più rosee attese a significare che anche in un momento di esasperato professionismo i sentimenti ed i ricordi riescono ancora a commuovere e a promuovere l'attaccamento giocatore/tifoso in un abbraccio ormai in disuso anche tra gli sport maggiori: forse un ritorno alle origini, agli scontri paese contro paese potrebbe procurare vita e linfa nuova: il tamburello ha bisogno di ritrovare una nuova identità che solo un tuffo nel passato può garantire.

Ho la segreta speranza che questa manifestazione si ripeterà negli anni futuri, per ribadire la gioia e l' affetto nei confronti di un giocatore onesto che ha fatto in fondo tutto il suo dovere di sportivo e di uomo: per noi che lo abbiamo conosciuto il compito di ricordarlo ancora tra noi perpetuando il suo nome e le sue imprese nei giorni a venire.

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