Quel valore inestimabile che distingue il balon dal padel

Il vento soffia a sfavore, dobbiamo difendere il nostro amato balon (in foto pubblico alla finale Finale Bertola-Berruti al Mermet)

Ho letto su La Stampa il «pianto greco» di Piero Dadone sul balon surclassato dalla nuova moda del padel messicano e lo unisco amaramente al mio, scritto ben vent’anni fa, nella premessa al volume «Mermet, storie di Pallapugno e Ordinaria albesità», in occasione del centocinquantesimo anniversario dello sferisterio di Alba. «È stata la Feninda dei greci… il Follis e la Pila paganica dei romani … poi venne il Pallone al bracciale che con poche trasformazioni e grandi fortune accompagnò l’evoluzione del gioco durante i secoli che vanno dal Rinascimento al primo Novecento. Ma quando dovette cedere ovunque il passo agli sport emergenti, ciclismo, ginnastica, atletica, agli sport olimpici e al football» - insomma, qualcosa di ben diverso da una moda passeggera come certe di adesso - «qui da noi sulle colline delle Langhe, nelle piane del basso Piemonte come sui colli ripidi della confinante Liguria di ponente, fu soltanto più pallone elastico».

E già allora notavo amaramente che «Tra hard performance di jogging e swimming, spinning e body-building, stretching, fitness, e quant’altro impongono le liturgie sportive trendy che vengono da lontano, non trova più spazio la casareccia “partìia al balon”, quella che in Alba , come nella campagna circostante, accomunava fino a non molti anni fa giovani e meno giovani, facendo ogni momento del tempo libero un’occasione di sfida e di confronto». Faticosamente oggi, ma con grandi meriti dei pochi volenterosi, tenuta in vita negli incontri dei campionati di pantalera.
Tuttavia ancora confidavo che leggendo quel libro «qualche giovane papà si convincesse che la pallapugno può essere tutt’oggi lo sbocco sano in cui convogliare la voglia d’agonismo di suo figlio», speranza in verità esaudita vista l’inesausta capacità di sfornare campioni che ha il nostro piccolissimo mondo del balon, segno di un amore che tiene duro nonostante le difficoltà in cui si dibatte e che tu lamenti. Ma il vento continua a soffiare contro impetuoso. Alle mode trendy adesso si è aggiunto il padel. Che, intendiamoci, è un gioco bello, spettacolare, divertente per chi lo pratica e chi lo sta a guardare; al quale la nostra «pantalera» non ha nulla da invidiare. Con la differenza sostanziale - è bene ricordare a chi della mia generazione sembra averlo dimenticato e a quelle più giovani che lo ignorano del tutto - il valore inestimabile di storia, costume e civiltà che racchiude la nostra pallapugno. La quale ha contribuito a rendere queste terre Patrimonio dell’Umanità assieme a quegli altri fattori dell’industria e dell’agricoltura arcinoti, fonte di benessere economico e sociale, che il mondo c’invidia. Perdere anche solo una parte del patrimonio millenario di cui siamo gli unici depositari in Italia, significherebbe ledere gravemente l’immagine vincente di cui andiamo fieri, imboccare la china mai foriera di buone conseguenze.
Sta a noi la responsabilità di mantenerlo integro. Sta a noi, come scrive Dadone, ricordarlo a chi ha titoli, mezzi e potere per farlo: arginare il vento che soffia a sfavore e minaccia la sopravvivenza del nostro amato balon.

Nando Vioglio presidente della Fondazione Sferisterio Mermet di Alba

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