"Così il virus si sta portando via anche l'anima dei nostri paesi"

Aldo Marello festeggiato dai tamburellisti brasiliani in un'altra era geologica

Il popolare Cerot: “Nella mia Revigliasco come da altre parti restano vivi solo i ricordi”

Aldo Cerot Marello, popolarissimo ex campione di tambass, classe 1949, racconta il suo personalissimo disagio di chi vive in un paese (Revigliasco) ai tempi del covid. Una situazione analoga a tanti altri comuni monferrini e di Langa

Vivere al tempo del covid nei paesi, in quelli monferrini e di Langa. Paesi sempre più vuoti, sempre più "anonimi", spesso trasformati in dormitori. Dove le nascite, in un anno, si contano, quando va bene, sulle dita di una mano. E La domanda che ci siamo posti circa un anno fa penso abbia già avuto una risposta ampiamente in anticipo. Gli espedienti per ritardare il virus non sono serviti, e ormai si può dire, che al termine «pandemia» nulla sarà più come prima. E stando alle previsioni, saranno i nostri piccoli paesi a pagarne gli effetti devastanti. Revigliasco d'Asti è purtroppo fra questi che per secoli sono vissuti di agricoltura e di piccolo allevamento, prima dell'esodo verso le città negli Anni '60-'70. Al mattino, sopratutto, m'incammino verso il paese e quasi sempre non incontro anima viva sperando di trovare sulla piazza qualche amico per formare un improvvisato capannello, non più di 4 o 5 persone, come prevedono le attuali prescrizioni, cercando un motivo originale per qualche discussione. La piazza è ancora deserta e non resta che pensare ad un passato non troppo remoto guardando le "Panchine dei saggi", ancora in bella vista, ma ormai semivuote. Nel vederle, immaginarle piene di amici ormai passati vengo investito da una profonda tristezza, una malinconia che precede il disagio quando il pensiero mi porta a quei tempi, i loro tempi. Il «mercato delle ciliegie», con i celebri "graffioni", le feste patronali in onore di sant'Anna, il Lancio dell'Uovo, da un' idea di Vittorio subito «centrata», e, a dicembre inoltrato il «Racconto figurato del Nascita di Gesù». Tradizioni che speriamo ancora di ritrovare negli anni a venire. Paesi svuotati della loro essenza, della loro anima, dove spesso anche i negozi chiudono per non riaprire mai più. Qui da noi mancherà di certo, forse per sempre, un cameo prezioso ed importante, anche e soprattutto per me: il tamburello, già vanto del paese che ha prodotto grandi giocatori e fuoriclasse inseriti e tuttora iscritti ai vertici nazionali. Anche un ultimo tentativo dell'Amministrazione comunale per un ritorno di questo sport non ha purtroppo avuto seguito. E sono d'accordo con le parole di Beppe Bonanate, candidato al futuro Consiglio nazionale della Federtamburtello, sulla mancanza di giovani nei nostri paesi, sulle poche nascite, rari matrimoni a monte di troppi decessi. Il tamburello, come tutti gli sport, ha bisogno di atleti che provino anche un «stimolo» profondo, trattandosi di una specialità che i grandi sport continuano a "snobbare". Quindi caro Beppe e caro Edoardo Facchetti (il bresciano presidente federale: ndr), vi comunico che il Revigliasco e tanti altri paesi non saranno al via di questo nuovo tentativo di salvare questo nostro antichissimo sport.

A scrivere questo mi piange il cuore pensando ai tifosi vocianti che affollavano gli sferisteri in ogni occasione possibile. Un distacco che forse non verrà preso in considerazione visti ormai i cambi generazionali: ma noi che li abbiamo vissuti proveremo giorno dopo giorno quella malinconia, quella tristezza della quale ho scritto all'inizio di questo breve racconto: per noi nessuna «pandemia» sarà capace di cancellare lo stupendo periodo storico che abbiamo intensamente vissuto nei ricordi e nelle fotografie di un tempo che non ci sarà più. —

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