Max Vacchetto e l'Araldica un capolavoro di tattica

Massimo Vacchetto

DOPO LA FINALE VINTA 11-6

Almeno tre gli elementi chiave del successo in rimonta contro Campagno L'abilità del capitano, i cambi del dt Rigo e la grande prova di Rinaldi

Bruno Campagno (e la Canalese Torfit) vincevano 4-1 e avevano la partita in mano. Alla fine Massimo Vacchetto (e l'Araldica Castagnolese) si sono imposti 11-6 nella prima finale scudetto della pallapugno. Sabato (19) ad Alba ci sarà la gara-2 nella corsa al titolo con l'inedita formula «itinerante» che prevede l'assegnazione del titolo al meglio delle tre gare su cinque.
Fin qui dati e cronaca. Ma, nell'incipit, c'è l'essenza di quella che è stata (sabato a Castagnole) una delle più brutte partite giocata dalla squadra di casa e, nello stesso tempo, un capolavoro di tattica che ha scombinato i piani di un enigmatico Campagno e della sua Canalese. Perché tutto si è deciso lì, quando sul 4-1 per «gli altri», il dt Araldica Gianni Rigo (uno di quelli che chiamano a ragione «vecchie volpi» degli sferisteri) ha cambiato tutto, mandando il lungagnone Rinaldi a dar manforte a Massimo come spalla, con Giordano sotto rete con Prandi. E quella fresca «bocca da fuoco» messa al servizio del capitano è stato di fatto il primo elemento chiave del successo astigiano. Perchè il contributo di Rinaldi (inseritosi nel ruolo come un veterano ) è stato determinante in fatto di precisione e potenza.
E la terza chiave di volta (o di svolta) della gara ,è stato naturalmente Vacchetto. Che non fosse in gìornata lo aveva notato anche il nonno, assiduo in tribuna («Oggi c'è qualcosa che non gira» aveva sentenziato) ammonendo sulle difficoltà della rimonta.
Come Alì sul ring
Che però c'è stata, inaspettata anche nelle proporzioni: 10 giochi a due nella seconda parte di gara per Vacchetto, che non avendo il pallone dei momenti migliori ha cominciato a variare il gioco, a «nasconderlo» come si dice in gergo e come solo lui attualmente sa fare portando la gara sui binari del mordi e fuggi. Massimo come un pugile ballerino che «legava» l'avversario, che colpiva e (s)fuggiva, quasi fosse un Ali che «pungeva come un' ape» rivali più grossi di lui.
Rivale «irretito»
E Campagno, che aveva la gara in mano e poi ha pagato anche l'apporto meno incisivo della squadra, è caduto in questa trappola. Lui che è di gran lunga il battitore più potente e prestante attualmente sulla piazza, si è lasciato coinvolgere in questo gioco sfiancante, finendo per non trovare più il bandolo di una matassa che via via si è fatta più intricata.
Lo testimoniano anche i numerosi falli in battuta e quella scelta di continuare un «gioco alla mano» che non dava risultati.
Se poi ci fossero anche eventuali problemi fisici non è dato saperlo. Ma qui occorre un inciso: il ragionamento viene fatto da chi, come tutti, sta comodamente seduto in tribuna. Le dinamiche del campo sono diverse. E certo non ha aiutato Campagno (più che Vacchetto) quel pallone «ballerino» che cambiava spesso traiettoria in modo innaturale.
La rivincita
Tutto adesso è rinviato ad Alba, dove Bruno è favorito (come ha fatto notare il mitologico Felice Bertola) anche dall'alto muro di appoggio. Ma dovrà dimenticare in fretta questa infelice parentesi, sperando (per lui) che quel «diavolo» di Vacchetto non se ne inventi un'altra della sue. 

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