“Non basta solo la forma fisica per lo spettacolo del tambass”

A CALLIANO SI FA DI NECESSITA' VIRTU'.

Arriva il giovane mezzovolo Federico Belvisotti campione a Grazzano a sostituire dopo l'infortunio il plurititolato Piero Redoglia

Intervengo nella polemica sollevata da Franco Binello sulla scarsa forma di alcuni giocatori di tamburello. Innanzitutto l’infortunio è una variabile sempre presente nello sport. La scorsa stagione è accaduto ad Alessio Monzeglio e Alessio Basso, due giocatori provenienti del libero, non proprio due atleti a digiuno di preparazione atletica, anzi. Nessuno ne fece un dramma, sono naturali intoppi di chi fa sport. Gli stessi Vacchetto e Campagno, cultori giornalieri della preparazione fisica, hanno avuto entrambi infortuni gravi che li hanno tenuti per un po’ fuori dal campo. Vogliamo giocatori più preparati? Allora dobbiamo far si, che per loro non sia un passatempo dopolavoristico, ma un vero secondo lavoro. Tutto questo comporterebbe un maggior impegno in termini di fatica e soprattutto di tempo. Questo sforzo dovrebbe essere «ricompensato» dalle società con maggiori ingaggi, e maggiori ingaggi porterebbero al collasso l’intero sistema del muro in quanto insostenibile. Che cos’è lo spettacolo? Spesso sento dire dai vecchi giocatori, di grandi battitori degli Anni ’70 che davano spettacolo. Un esempio su tutti Cordioli, veronese, campione d’Italia con il Belladelli di Quaderni. Giocò per un anno anche a Gabiano, batteva fin sui tetti delle case. Terminata la battuta però, non era in grado di sostenere un gioco dal fondo con il tamburello, e nel ricaccio veniva messo terzino. Al giorno d’oggi se vedessimo un giocatore così in serie A open, si griderebbe allo scandalo, un giocatore che batte e non sa ricacciare. 
Il Callianetto prima maniera, Beltrami, Petroselli, Dellavalle, Cavagna, Berruti, era l’apoteosi della tecnica, l’espressione massima del gioco del tamburello, ma il pubblico latitava, spesso lo sferisterio era vuoto. Il pubblico segue un incontro, se c’è equilibrio, e l’equilibrio porta a sua volta lo spettacolo. In questi anni mi sono battuto per l’adozione del sistema a punti del torneo a Muro. Sono il primo a capire che imbrigliare il talento di un giocatore in un punteggio è difficile se non impossibile, ma era necessario un qualcosa che permettesse di spalmare i giocatori fra le varie squadre. Il Grazzano di qualche anno fa (Fracchia, Caggiano, Biletta) era forte, se non fortissimo, ma c’era poco seguito. La scorsa stagione, le prime tre squadre classificate avevano tra di loro un divario di soli tre punti; le semifinali, non furono disputate alla bella solo per pochi «15» (epica la semifinale di ritorno Rilate-Grazzano). La finale certo è stata poca cosa, ma sull’emotività dei giocatori e sulla loro determinazione credo che il regolamento possa fare ben poco.

Riccardo Bonando
Giocatore di serie A open e Consigliere federale

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