Quella sfida senza spettacolo specchio di un tamburello alla ricerca del tempo perduto

Non abbiamo avuto la (s)ventura di essere tra gli ottocento-mille spettatori di quello che doveva essere l’avvenimento clou della stagione tamburellistica a muro: la finalissima di Vignale.

È la partita che mette di fronte le due formazioni «regine» di questo che non è solo uno sport da paese e dei paesi, ma la «vetrina» di una tradizione antica, a suo modo anche culturale. Ma il modo in cui l’«evento» di domenica a Vignale, ha avuto l’epilogo, desta più di una perplessità. Nello sport ci sta che uno (Grazzano) sia talmente più forte dell’altro (Montechiaro) da non esserci confronto. E poco importa che, nel suo piccolo, il Grazzano eguagli la Juventus per numero di scudetti consecutivi: cinque, appunto. Ma le analogie finiscono qui. La realtà è che il torneo di tambass è - da anni - la controfigura di quella che fu una manifestazione in grado di offrire, condensata in un cimento agonistico, tutto il caleidoscopio di un mondo (in gran parte contadino, ma anche artigiano, di botteghe, osterie, personaggi) che non c’è più: forza e passione, orgoglio e talento naturale, rivalità e campanili. Tutto questo si è sfilacciato negli anni: i paesi sono cambiati, il tamburello (tranne qualche ormai rara e lodevole eccezione) è, da queste parti, uno sport tra i tanti, come tanti e, neppure il primo. La finale di agosto (che adesso viene anticipata a luglio) richiama il solito bel pubblico perchè la gente è in vacanza e la sfida del tambass è un momento di svago. Nulla più e nulla di meno, con tifoserie al seguito dei rispettivi contendenti, che fa giusto «colore». Un po’ alla volta si sono persi per strada tanti potenziali talenti: avviene in tutto il tamburello, non solo nel «muro». E non è «colpa» solo o soltanto della Federazione. Difficile fermare l’emorragia di praticanti, che si registra soprattutto dopo la scuola superiore.  Perchè, e questo è un altro dei paradossi - a livello giovanile e scolastico, il tamburello è tra i più praticati in Italia, soprattutto al Nord, ovviamente, ma anche al Centro e Sud. -. Gli insegnanti di educazione fisica lo agevolano: si gioca in palestra con palline di gommapiuma, l’ideale per schierare più giocatori per parte e evitare il rischio che i «ragazzi si facciano male»: meglio del calcetto. E così dicasi per gli «scudetti» a pioggia che il tamburello giovanile sforna, rimpinguando enfatiche statistiche. Ma il tamburello, quello vero - quello che una volta forgiava i campioni nelle piazze, è un’altra cosa. E i ragazzi del tambass (ma vale anche per la pallapugno, altro sport da strapaese) non trovano più quell’«humus» di tifo e di partecipazione che c’era un tempo. Sono spariti i vecchi «suiveurs», quelli dalle facce contadine consumate dal sole. Persino alle cene, l’insostituibile «terzo tempo» del tambass (e balòn) che fu, si vedono solo le «vecchie glorie». Dei giovani, quei pochi che vanno ora per la maggiore, neppure l’ombra. È cambiato il mondo, anche negli sferisteri. Ma poi non stupiamoci, se alla «partita» che vale una stagione (e non solo quella) lo spettacolo non c’è.

Ambiente internazionale nella finalissima di Vignale, non solo per la presenza sugli spalti del vice presidente della Federazione internazionale il casalese Franco Rissone. Ale Monzeglio fa gli onori di casa al nazionale spagnolo Miguel Polo in forza al Tamburello Madrid squadra quinta classificata alla recente Coppa Europa open. La giovane promessa nel cuore pulsante del tambass per assaporare il grande tamburello e migliorarsi con l'ausilio dei big

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