Come un Real Madrid monferrino

Grazzano è uno di quei paesi dove si respira più forte la "Monferrinità".

E che sta ridando, anche con le sue vigne riscoperte (di Grignolini e Barbere) e la bellezza di case, vie, strade, la dignità di una terra dai quarti di nobiltà autentica. Che non ha nulla da invidiare alle ormai (anche giustamente) stra-celebrate Langhe. Non serve citare la storia di Grazzano, da Aleramo al Maresciallo Badoglio. La nobiltà di un paese si può intuire, banalmente (ma non troppo) anche semplicemente dal modo in cui tutta una comunità vive, lavora, si raccoglie intorno a quella sorta di rito sportivo-collettivo che è la partita di tambass: sulla piazza, dove quando si gioca, si ferma anche la corriera.
Il Grazzano è - senza tema di smentite - una sorta di Real Madrid del torneo a muro: per la collezione di trofei e per la capacità di sfornare talenti, facendo perno, nel tempo, su autentici fuoriclasse, dal mitico «Miliu» Medesani all'attuale «superstar» dei bastioni, Vittorio Fracchia.
L'anno scorso, nell'ultima vittoriosa finale stradominata col Montemagno, alcuni tifosi vignalesi, neutrali fino ad un certo punto, «rimproverarono» (con ironia un poco sferzante) a Piero Monti. ex sindaco e bandiera del tambass grazzanese - di essersi eccessivamente rammaricato per un «15» perso negli ultimi scampoli di gara, a risultato ormai ampiamente acquisito a favore dei grazzanesi. «Piero - gli gridarono - non vi basta vincere? Volete anche stravincere, sempre? Allora giocate da soli...»
Lo sconforto «degli altri», quelli che non si rassegnano allo strapotere (legittimato dal campo) di qualcuno. Condivisibile fino a un certo punto: perché Grazzano ha fatto del tambass la sua bandiera - anche di promozione del territorio - con una serietà (professionalità) sconosciute altrove. Con la capacità di coagulare, intorno ai colori bianco-giallo-neri della squadra - l'entusiasmo di imprenditori, professionisti, semplici appassionati (alcuni financo «digiuni» di tambass) che hanno qui un'azienda o una seconda casa o hanno fatto di Grazzano il loro «buen retiro» . Il segreto del successo sta anche in questo: il paese vive e lotta per la sua squadra e il suo gioco emblema della «monferrinità». E lo fa con un trasporto che non è «integralismo sportivo», come vorrebbe far credere qualcuno. Ma è passione antica, fede, tifo. Come un Palio, come una tenzone medievale. O rinascimentale. Semmai sta agli altri colmare il divario. E sarà così anche nel 2020. A cominciare dalla grande rivalità annunciata col Vignale di Samuel Valle, il «magnifico» nuovo arrivato. Ma il Grazzano, per ora, resta il favorito d'obbligo. Per la nobiltà del rango conquistato sul campo. In anni di trionfi

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