I due mondi del tamburello si guardano, ma non si incontrano

Andrea Costanzo e Fabiano Penna, tecnici di Montemagno e Grazzano

Fa un certo effetto che nel Monferrato si parli più di punteggi «a muro» che non delle finali di Coppa Italia open nel Mantovano. E' vero che di astigiano in quel torneo c'è poco, ma la situazione è un paradigma di quello che è il tamburello di oggi, di fatto scisso nelle sue due componenti: quella «sotto i bastioni» (che pur nella sua limitata estensione geografica, o forse proprio per questo, fa il pieno di spettatori) e la versione «open» (quella dei campionati nazionali «veri», che stenta a ritrovare pubblico e consensi).
Due componenti di uno stesso sistema che si parlano poco e male. Giusto quando si tratta di prendersi qualche giocatore. Una volta, ai tempi belli, non contava se uno venisse dal «muro» o dal «libero»: lo si valutava per le sue capacità. E se uno nasceva all'ombra di qualche sferisterio, andava poi nel campo senza appoggi ad affinare le doti. Ed ad agosto era un festival di tornei, con i campioni contesi dai paesi, in Monferrato, come nel Mantovano, nel Veronese, in Trentino. Ora, tolta la sede di Coppa, il tamburello (nel periodo di massima presenza anche turistica) va in vacanza.
Certo, è bello assistere al dibattito sui «punteggi», trasmigrato dalle pagine di questo giornale ai social (come si usa adesso): dal «Tambass» di Luigi Musso, ai «Tamburellisti pazzi», ad altri ancora. Tanti appassionati danno un contribuito ragionato, a volte anche sanguigno, alle proprie opinioni. Ed è (molto) apprezzabile che sia sceso in campo (metaforicamente, ovvio) anche un eccellente giocatore come Riccardo Bonando, consigliere federale Fipt che coltiva il culto delle radici, della terra, delle tradizioni. Un atleta esemplare, per compostezza ed educazione, che esprime concetti interessanti con (il dettaglio non guasta) evidente proprietà di linguaggio. Uno che, frequentando assiduamente gli sferisteri con la collega consigliera Fipt Alessandra De Vincenzi, a Mimmo Basso, a Roberto Gino e ad altri «federali», cerca di darsi da fare per migliorare il futuro di questo sport. Che non è solo «sport», ma anche tradizione, come dice Bonando, ma che, nel momento in cui vede coinvolte società che investono denari, ha bisogno di atleti veri, di giocatori che tendono a migliorarsi fisicamente e tecnicamente. Perché, al di là delle «alchimie» dei punteggi occorre (ri)formare dei veri competitori. Non a caso il periodo d'oro del «muro» è coinciso con la contemporanea presenza negli sferisteri di giocatori di valore assoluto: dai Capusso (uno che da giovane correva i 100 metri in meno di 11 secondi, tanto per restare all'atletismo puro) ai Marostica, dai Medesani ai Fracchia, dai Biletta ai Prette, ai Ferrero, ai Natta. Erano tanti, forti e motivati. E nel libero, c'erano fenomeni come Renzo Tommasi, Montresor, Cerot, Tezza, Pagani, Marcazzan, Bonanate. E si affacciavano (prima dei Beltrami e dei Valle) i Monzeglio, i Dellavalle, i Petroselli, i Cavagna: gli ultimi tre ancora sulla breccia nell'open, a quasi 50 anni o oltre. E' solo un caso? 

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