Fracchia e Grazzano quando lo sport esalta la bellezza di un paese

Vittorio Fracchia, bandiera del Grazzano

Magari il super Grazzano ammirato domenica contro il Montechiaro verrà sconfitto sabato nel ritorno delle semifinali del torneo a muro, o magari non vincerà il titolo pur arrivando in finale a Vignale. Tutto è possibile nello sport e azzardare pronostici resta, da sempre, uno degli esercizi giornalistici più a rischio. Ma nessuno qui vuole entrare nei dettagli e nelle dinamiche agonistiche di un campionato che più monferrino non si può. Il Tricolore è al massimo un vezzo da esibire sulle maglie dei campioni. Questa competizione ha una peculiarità che poche altre hanno nel panorama degli sport: con le sue migrazioni settimanali da paese a paese, spesso distanti pochissimi chilometri uno dall'altro, non solo solletica il tifo dei campanili, che resta l'humus vero di una terra, ma contribuisce a esaltare la bellezza di borghi senza uguali. 
Il caso del Grazzano e di Grazzano è emblematico. Non solo perché questo municipio porta in dote un suffisso che racconta la storia (comunque la si guardi) d'Italia, avendo dato i natali al Maresciallo Pietro Badoglio, ma perchè, restando al ristretto ambito sferistico, racchiude autentici quarti di nobiltà sportiva. Da anni Grazzano e il Grazzano sono sulla breccia di questo gioco: per organizzazione e capacità di allevare talenti, ma anche per il modo «elegante» di gestire i (tanti) successi. Pochi proclami e tanti fatti (cioè titoli). E' così dai tempi dei fratelli Soffiantino, passando per i Monti, Biletta senior (e anche junior), Aceto, per non parlare del mitico «Miliu» Medesani (gran «consigliori» del Grazzano di oggi), di Corrado Soffientino e di tanti altri. Senza naturalmente dimenticare quello splendido, inimitabile, iracondo amnarchico e «testabalorda» (come il Grignolino che produce col fratello Dario) Fulvio Natta. Ma è difficile fare l'elenco dei tamburellisti grazzanesi che meritano una citazione. Non basterebbe forse lo spazio di un articolo di giornale. Il Grazzano attuale si specchia nel suo leader Vittorio Fracchia (figlio di Mauro, che fu una sorta di metronomo del gioco grazzanese ed è nipote di Adriano, per tutti il patron più carismatico che si sia mai visto su un campo a muro: gli affianchiamo per diritto di casta anche il castell'alfererese Sandro Vigna, che ha raccolto però i suoi trionfi più belli «a libero»). 
Vittorio è la più naturale espressione di un paese che prende terribilmente sul serio il proprio ruolo nel tamburello: mai fuori le righe, mai una concessione fine a se stessa alla platea. Lui, che pure ha il blasone dell'imprenditore vero, abituato com'è a percorrere le strade del mondo per promuovere i propri vini, ha scelto quasi come «missione» di esaltare il Grazzano e Grazzano a modo suo: giocando e vincendo. Sulla piazza sferisterio del paese che lo ha visto bimbo con padre e nonno. Le case (molte in pietra monferrina) affacciate sull'arena; intorno le vigne sbocciate negli anni come fiori verdi che rendono magiche le colline. Comunque vada a finire il Grazzano ha già aggiunto un'altra "perla" alla sua storia di grande bellezza. 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per personalizzare i contenuti. Per informazioni o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie leggi la nostra Cookie Policy Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando su qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie. Per maggiori informazioni sui Cookies e su come disabilitarli, potete visitare la nostra pagina di privacy policy.

  Accetto i Cookie da parte di questo sito.